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lunedì 29 ottobre 2012

Uomini molli


Non sono quelli morbidi. Non pensate a romanticismo, finezza, sensibilità. Macché. Qui si tratta di mollezza. Un po’ viscida, un po’ irrisolta. Un languore umano che rasenta i muri. Monocorde, a passetti piccoli anche quando corre, con quel raro sorriso che sembra una smorfietta, la gentilezza debole che assomiglia solo a un doveroso esercizio di educazione. Mai uno slancio, una parola urlata, uno sguardo luminoso. La comunicazione scarna, il saluto con un cenno del capo, le pose consumate di una riverenza studiata e quei gesti lenti e pignoli che si ripetono fino alla noia. 

Gli uomini molli, chioma permettendo, portano lo stesso taglio di capelli, un’acconciatura che diresti antiquata o sobria o plastica. Sembrano vestire ogni giorno gli stessi panni, con la vita dei pantaloni ben alta nella cintura classica color cuoio o nera al massimo della trasgressione, le scarpe rigorosamente sul genere mocassino. 

Sono meticolosi, ordinati. E osservano senza deroghe le consuetudini. Si addormentano e si svegliano sempre alla stessa ora ma non si abbandonano mai all’orologio dell’istinto: guardano le lancette prima di infilarsi nel letto e puntano la sveglia per non sgarrare di un minuto. Se un inconveniente qualsiasi mette in crisi i loro tempi non imprecano, vedi solo la loro guancia scossa da un tic nervoso. 

Gli uomini molli sono quelli che bevono il caffè un po’ lungo. E magari un po’ macchiato. Che non è un caffè lungo e macchiato. Lo è solo un po’, con certosina misura. E con fastidiosa cocciutaggine. Si, sono testardi e ottusi, gli uomini molli. Non amano le novità, non sopportano le sorprese, non godono della fantasia. E non sono affatto semplici e accondiscendenti, manovrabili e smidollati. Anzi. Sono di una tenacia asfissiante. Goccia dopo goccia ti martellano con la loro pedanteria. Di te sepolto dalla loro pesantezza molle a loro non importa. Sono tritasassi con il silenziatore, ecco. 

Gli uomini molli non conoscono la vigorosa stretta di mano. Ma più che falsità o slealtà è povertà, di spirito e di energia. Sotto la loro apparente mitezza si cela più che altro una ristrettezza intellettuale ed emotiva. Non brillano in idee e passioni e si aggrappano alle forme costanti e grigie per star comodi nelle certezze granitiche del profilo conosciuto. Hanno il respiro corto, ecco. E alitano sul collo dei vicini con quella caparbia potenza delle nettezze intoccabili. 

Vanno con le stagioni, gli uomini molli. Manica lunga d’inverno, manica corta d’estate. La temperatura non conta, la regola non si tocca. E’ incredibile quanto riescano a spalmare la loro ombra. A occupare spazio. A rubare aria agli altri. Paralizzano le risate, intristiscono. Sembrano sempre sull’orlo del precipizio, con quelle facce meste e slavate. E invece sono loro a buttare giù dalla torre chiunque osi sfiorarli con qualche brioso alito di vita.



Ho scritto questo pezzo nel 2009. L'ho ripescato e lo ripubblico senza alcuna modifica, gli uomini molli sono sempre lì, sempre così...

venerdì 26 ottobre 2012

Scuola di sospiri


Teoricamente il sospiro esprime un turbamento, ciò che fa sospirare insomma dovrebbe essere un desiderio o un rimpianto.
Ma come sempre accade nella realtà anche un soffio con il suo flebile rumore può significare molte più cose, tradurre tante sfumature d’animo e situazione. C’è il sospiro effimero e interlocutorio, c’è quello che sbuffa un po’ di noia mista a pazienza, c’è quello di sollievo. C’è…il gemito d’amore. C’è quello di liberazione. E c’è quello che emettiamo, un po’ più sonoramente, quando vogliamo chiamare a raccolta tutte le forze prima di muoverci verso una decisione, un’azione, un esercizio di estrema e delicata tolleranza.
Talvolta è meraviglioso muoversi nella leggerezza del sospiro, altre volte è uno strazio. Quando si pianta nell’aria a bucare il disagio finisce per amplificarlo: ti arriva stridulo e appiccicoso nelle orecchie, come a sottolineare l’impasse. E quando ancora ti alita addosso l’ansia mal trattenuta è come una odiosa puntura.
Però quello più incandescente è quello molle! Sbavato lì con una smorfia da perfetti vanesi o lasciato evaporare con viscida boria. Esce dalla bocca di uomini e donne con il vizietto, appunto, del melenso capriccio sornione o della urticante supponenza.
Alla mia scuola di sospiri, per simili fiati - francamente molesti e fastidiosi - si raccomanda di rispondere con un calcio ben assestato nel posteriore, cribbio. Dopo potete anche sospirarci su!

giovedì 25 ottobre 2012

Amplesso


Vortice di braccia, vampata di calore.
Ma d’un tratto sale l’impaccio. Abbassate gli sguardi, prendete posto con fretta goffa e vi armate di un distacco di parole inanimate. Sembrate la caricatura di due burocrati a un appuntamento organizzato fuori ufficio. Quasi non foste all’incontro sospirato ma, appunto, a quei maldestri tentativi di sondare il feeling tra due ingialliti colletti bianchi orchestrati da qualche zelante collega.
In verità avete l’aria di essere stati agghindati a forza, vecchi lampadari catapultati sulla luna, in uno spazio ultra moderno che vi carica sul groppone cent’anni di inadeguatezza ecco. Fuori tempo e fuori luogo. O, semplicemente, con un cappio al collo.
Soffocati dalla vita non vissuta, dalle emozioni represse, dall’analfabetismo dell’amore. Da qualche parte dentro di voi sentite il diritto a un’occasione, a quella che chiamate, con quella tenera ridondanza che subito evoca, “un po’ di felicità”, ma siete impauriti principianti.
Per magnanimo destino intorno a voi iniziano a muoversi musiche e risate. Brindisi e balli, mentre le luci si abbassano e anche a voi si arrossano le gote di alcool ed eccitazione. Improvvisamente l’impeto dell’amplesso che sembrava evaporato si rinnova in sorriso, poi in passi ritmati e infine in quell’intimità delicata di un bacio casto.
Così, in una manciata di minuti si disegna il preludio di un cammino.

A mano tesa


Nelle sagome arruffate dei cercatori d’elemosina c’è un mesto disincanto. Ma anche l’orribile fragore della realtà. E una verità che, forse, può toccare tutti noi.
Come di fronte allo spettro che inquieta scappiamo, quasi ad esorcizzare il rischio della sventura. Oppure ci liberiamo con gesto rapido di un soldo, quasi a chetare, prima ancora che sgorghi, il getto del rimorso.
Eppure a guardarle meglio sono talvolta figure aperte e sapienti. Vene nelle quali scorre ancora, genuino e vero, il sangue. Profili più ricchi dei nostri languidi e sbiaditi stampi. Volti di vita e storia e non inutili comparse improvvisate e tronfie.
L'Elemosina, 1869.

mercoledì 24 ottobre 2012

Frustate d'amore


Il seno florido di una volta raggomitolato sul ventre, nella veste nera dei lutti, sotto la ragnatela della vita e gli occhi umidi che frugano nella memoria. Le dita scricchiolano e la pelle, ruvida, increspa il vecchio velluto ormai liso.
Il passato è il cespuglio dei tuoi secchi capelli bianchi. Intorno le luci e le cose che sembrano il grembo che ti ha cullata e cresciuta.
Con la tua favella saggia e lenta, con i tuoi gesti morbidi e silenziosi, con la tua pazienza assorta e gentile anche la desolazione lancinante dell’attesa è grazia.
Si scorge, pur nel corpo curvo e nel vago vigore dei sensi, un contegno che ammalia.
E quei patimenti, l’inesorabile fatica della povertà, il bruciore delle ansie sono stati e sempre saranno frustate d’amore. Perché quello hai voluto che fosse, hai pensato che fosse, hai accettato che fosse. Il fagotto da portare sulle spalle per aver avuto e aver dato la vita.
Immagine di Anselm Feurbach, Norton Simon Museum.

martedì 23 ottobre 2012

Solo scarpe rosse


Un vezzo. O, come lo chiami tu, la nota a contrasto. Se piovono tante parole su un silenzio, il silenzio è già passato, memoria, parentesi chiusa. Una parola invece, una sola, lo rompe e poi gli resta accanto. Sopravvivono, il silenzio e la parola. Entrambi sospesi tra due suoni, tra due dimensioni, tra due punti interrogativi.
Così le tue scarpe rosse. Una sola chiazza di colore nel nero rigoroso.
Allora spiccano entrambi, il rosso e il nero. Quella disputa tra elementi opposti diventa convivenza, alleanza.
E così confermi quel bisogno. Che un elemento ammetta l’altro. Che un tono non sovrasti l’altro. Che la disciplina delle forme non indulga mai a dimenticare il tocco difforme che può svelare armonia. Che le scelte abbiano un senso di equilibrio che non soffochi lo spirito.
Non hai voluto lasciarla al momento, quella nota. Non è mai beige o verde. Non spezza mai il blu o il bianco. E non ci sono inversioni. Il nero e una chiazza rossa, sempre. Perché  anche il capriccio deve avere una disciplina. Ritmo e conciliazione.
Tu vuoi che tutto ti ricordi che c’è posto per ogni cosa se ogni cosa lascia posto alle altre. E in questo delicato lavoro di cesello sui tuoi passi di vita e nella vita le tue scarpe rosse sono un largo sorriso di promessa e di fervore.
A me piace quella disputa perenne che diventa alleanza. Che forza.

La forza delle direzioni


Questa confusione nei cassetti adesso è un cruccio. Che se apro il guardaroba vengo investita da una valanga di vestiti assortiti è un pensiero che si intrufola tra gli altri mentre leggo, quando sono al supermercato o a cena con gli amici.
E’ uno spillo nella carne, un nodo al fazzoletto. Bussa perché devo ritrovare un ordine per ogni cosa, è un po’ vero. Ma bussa soprattutto perché io non esca completamente da qui, perché io senta ovunque il richiamo della terra dove poggiare, più o meno saldamente, i piedi. Devo dare a tutto un tempo prima che la mia testa lo regali tutto alle pratiche di volo.
Questa volta ho capito che non è un fardello odioso. Non è zavorra che può farmi annegare ma contrappeso saggio. E’ il buon senso delle dosi e delle amalgame, come in cucina. Perché un equilibrio degno ha anima e concretezze. Perché nelle piccole espressioni, pure nel rigore delle forme, nel circolo dei passi quotidiani, nella fila delle regole, vi è una poesia da cogliere. Un nesso con la vita, ecco.
E’ una di quelle scoperte che, se pur faticosamente, riconciliano con la pace e la forza delle direzioni. Accettare la sfida e battersi è già vittoria…

lunedì 22 ottobre 2012

La bottega delle parole


Come in un laboratorio, a scrutarle, filtrarle, mescolarle. E con la mano dell’artigiano che plasma, lima, taglia, piega, cuce, acconcia, lucida. Perché la smania ha bisogno del lavoro lento e paziente dell’amore, della perizia della coscienza, dell’ambizione dell’arte.
A comporre istinto e ragione, senza posa. Con l’umile diligenza della dedizione. Perché ogni fiato impregni la carta di emozioni e umori. Perché ogni lettera faccia disegno con quella a fianco in un ricamo di toni e colori. Perché non ci sia nota che non seduca.
E’ storia di ingegno e passione, dice la signora Lia.
A me pare anche di urgenza, quella della natura che guida i gesti e i desideri. Una natura che chiede riscatto, a tratti. E che talvolta, imperiosa, ti mette davanti un panorama di suggestioni che impongono la tua attenzione assoluta.
Una prodigiosa simbiosi tra ciò che insegui e quello che puoi narrare.
Nella bottega delle parole c’è una sorta di giustizia. Quella dell’onestà. Perché è questo il lavoro sulle parole della verità. Raccontare la storia che è appiccicata alle dita, negli occhi, in tutti i battiti del cuore, nelle piste della testa. Nella semplicità delle sensazioni, una per una e tutte insieme. Così come la terra vuole. Non con l’enfasi della mistificazione ma con quella dell’autenticità.
Così bella e grande e profonda e importante e sensuale e soave la nudità. Ecco, in bottega è in corso l’opera della nudità in parole. 

mercoledì 17 ottobre 2012

Il lembo sghimbescio


Il lembo sghimbescio della risata è il ristoro fuori dal congelamento della contrizione o dell’etichetta. E’ il piccolo abbandono al piacere ma anche il nostro aspetto libero da posture. Come in un accesso di ira così in un riso a crepapelle scomponiamo il rigore del nostro viso. Sbarriamo gli occhi, ci sbrodoliamo di lacrime, facciamo smorfie. E non vi è alcun freno di contegno.
In un’istantanea potremmo uscire esilaranti o mostruosi ma infinitamente autentici.
Se raccogliamo quella frazione di spirito sentiamo il profumo della nostra intimità. La palpabile presenza delle nostre recondite pulsioni. Qualche volta quasi resuscitate da un letargo di pose. E comunque voce profonda del nostro mondo.
Perché capita proprio così. Che il nostro mondo, quello interiore, resti spesso sepolto sotto la faccia che indossiamo e sia una risata, come uno struggente pianto, a riportarlo alla luce. Quello che consegniamo a chi ci guarda è, finalmente, quello che siamo.

lunedì 15 ottobre 2012

Lucilla Giagnoni: Vergine Madre a Glasgow


Un trionfo italiano nel mondo. Lucilla Giagnoni, grande autrice e attrice teatrale, ha portato il suo spettacolo Vergine Madre in Scozia accogliendo la sfida di recitare in inglese.
L’evento è stato realizzato grazie alla collaborazione dell’Istituto italiano di cultura di Edinburgo (Italian Cultural Institute in Edinburgh) con l’arcidiocesi di Glasgow (Archdiocese of Glasgow) presso l’Università di Glasgow Memorial Chapel, un progetto d’arte che ha permesso un appuntamento e un incontro di grande respiro culturale con la Divina Commedia dantesca. Un’opportunità che la sensibilità di un’interprete come Lucilla Giagnoni non poteva che rendere straordinario momento di profondo appeal emotivo.
Ha riscosso successo, Lucilla Giagnoni. Ha sperimentato il viaggio dantesco che diventa cammin di nostra vita in Vergine Madre rappresentandolo a un pubblico lontano, per storia e radici culturali, dal nostro patrimonio di parole, costumi, riferimenti. Ha dovuto elaborare quindi le differenze per toccare le sue corde e far arrivare, magnifica, l’essenza di quella peregrinazione. E se ci è riuscita è stato per talento e dedizione, per quell’umiltà della sapienza che sempre la conduce al cuore della realtà. 
La lingua non è che un mezzo per veicolare i pensieri, il calore, la filosofia dei passi dell’esistenza.E allora la sua interpretazione e la lettura dei brani danteschi, anche in inglese, hanno trasmesso, intatta, la forza immensa dei suoni e delle luci di un messaggio universale. Quello dello spirito e della ricerca, del dolore e della speranza. E forse, soprattutto,  della preghiera.
Un’esperienza professionale importante, molto importante, per Lucilla Giagnoni. Ma anche una felice prospettiva di apertura per noi tutti. Per abbattere i confini mentali, per portare altrove la nostra grazia, per raccogliere qua e là nel mondo le tracce infinite di contatto. Al di là delle lingue, sulla pelle della vita.
Complimenti, grandiosa e amatissima Lucilla.
E una speciale nota di merito a Carlo Pastore per aver concepito l'idea e per l'entusiasmo della sua passione intellettuale.

sabato 13 ottobre 2012

Mano nella mano



Tienimi la mano, non lasciarmi. Sono vecchio, cammino a fatica, vedo poco, talvolta un fastidioso tremore mi rende instabile. Cammina al mio fianco, giovane vita, sorreggimi se puoi.
Tienimi la mano, non lasciarmi. Sono piccolo, muovo traballando i miei primi passi, ho paura del buio, certe volte mi sento tanto insicuro. Cammina al mio fianco, vecchio amico, sostienimi se puoi.

venerdì 12 ottobre 2012

Premio Dardos


Ho ricevuto da Giulia del blog Stelladineve il premio Dardos!
E’ un premio internazionale assegnato dai blogger a blog ritenuti meritevoli per il contenuto culturale, etico o letterario. Grazie, Giulia, questo riconoscimento mi emoziona.
E adesso, dopo aver linkato il blog che mi ha scelto, posso premiare a mia volta 15 blog, ovviamente avvisandoli del prestigioso premio!
Evito di premiare alcuni dei miei blog preferiti perché sono già stati premiati da Stelladineve quindi ecco qui i blog che investo del premio Dardos:

mercoledì 10 ottobre 2012

Nel bosco lacrime d'amore


Hai portato i tuoi passi nel bosco. Hai ascoltato le voci della natura di notte. Hai dolcemente inclinato il capo appoggiandoti alla sua spalla e subito ti sei addormentata. Dovevi lasciare che le forze ti abbandonassero, che il corpo cedesse al sonno. Non dovevi più sentire quei pensieri pulsare strazianti alle tue tempie.
Lui ti ha accompagnato nella corsa. Ha accolto la tua stanchezza. Ha accarezzato la tua paura. Ha sofferto il tuo dolore. Ha amato la tua disperazione.
Nel silenzio aveva guardato tante volte la tua fatica, in fondo agli occhi, in un gesto. E spesso ti aveva sorpreso assorta e lontana, vinta dal tarlo. Ora poteva starti accanto, con il calore di un braccio a cingerti la vita e le labbra a sfiorare la tua fronte. Ora poteva addormentarsi con te certo che stavi godendo di quell’amore smisurato.
Ancora una volta rispettava profondamente. Sapeva che l’amore non guariva lo strazio ma adesso sentiva quanto sollievo potesse dare, quale rifugio potesse essere. E le lacrime bagnarono il suo viso e il tuo. Non più di tristezza, non più di insofferenza. Lacrime di incanto e intimità. Lacrime di felicità.

lunedì 8 ottobre 2012

Il tempo delle stelle


Non ci diamo il tempo delle lacrime bianche, quelle della commozione di struggente tenerezza. Dobbiamo correre, inseguire un pianto che abbia radici solidi o una gioia palpabile. Dobbiamo correre perché il pensiero non ci basta o forse ci avvilisce.
Non ci diamo il tempo del sogno che non riposi nel sonno. Abbiamo paura di non toccarlo mai.
Non ci diamo il tempo del sorriso che non stia appiccicato ad una circostanza consueta.
Abbiamo bisogno di ragioni, di motivi che giustifichino tutto.
Non ci ritroviamo nel tempo perché ci scivola dalle mani mentre lo viviamo. E se le nuvole non fanno intravedere gli occhi che vegliano sulla nostra notte non riusciamo ad immaginarli. Facciamo fatica a dare alla fantasia quello che merita. Facciamo fatica a goderne, soprattutto.
Non c’è alito che non sia respiro. Non c’è attimo che non porti vita. Eppure non possiamo sentirlo. Dobbiamo correre. Come se la sosta non fosse ristoro, ma resa. Come se il tempo altro non fosse che il nostro affanno.
Ma al nostro passo l’ombra che segue non è solo impietoso incalzare. E’ anche armonia di una mente che sfama il piacere di una frazione di tempo per ascoltare il battito del cuore. Il diluvio dei sensi. No, la pioggia cadenzata che ci inzuppa, goccia dopo goccia, con cheto ma profondo scorrere. Sono qui...

Live music act


Una legge saggia e moderna libera la musica live dai lacciuoli della burocrazia. Purtroppo non avviene in Italia ma in Inghilterra dove il Live music act permette da ottobre 2012 a pub e piccoli locali con capienza inferiore alle duecento persone di organizzare esibizioni live senza le onerose procedure che di fatto le impedivano o almeno le scoraggiavano.
E’ evidente che la nuova normativa aiuterà i locali a migliorare l’offerta alla clientela e aumenterà le occasioni soprattutto per le band emergenti. Più concerti, più diffusione della musica, più giro d’affari, più libertà culturale.
Dovremmo e potremmo prenderne esempio! Sappiamo che la crisi ha ovviamente colpito anche le vendite di prodotti discografici e in generale le espressioni artistiche e ciò con danno per cantanti e musicisti, organizzatori di concerti e fruitori stessi.
Una scelta come quella del Live music act è sicuramente auspicabile anche per l’Italia dove, anzi, la burocratizzazione e i costi della musica live per bar e locali sono presumibilmente maggiori dell’Inghilterra…

domenica 7 ottobre 2012

La Basilicata presentata da Vincenzo Petraglia


Basilicata, viaggio d’autore per esploratori del bello.
Suggestiva e misteriosa, nascosta in un segreto antico, assorta in un pudore aspro. E proprio per questo incantevole, la Basilicata. Nei luoghi, nei sapori, nei costumi, nelle sfumature artistiche e ambientali la regione Basilicata è uno scrigno inesauribile di tesori.
Più che da visitare la Basilicata è da scoprire. E proprio per questo è prezioso il lavoro di Vincenzo Petraglia: non ha scritto una guida turistica ha consegnato, piuttosto, tante meravigliose chiavi di accesso a chiunque voglia incontrarla e viverla. Perché storia e tradizioni, panorami e dettagli della Basilicata sono innanzi tutto percorsi umani, spirituali.
Ogni angolo della Basilicata è un viluppo di magia e materia. Gli odori, i colori, le forme sono suoni che parlano al cuore, che racchiudono e a tratti svelano il senso antico della vita e dell’uomo. Il ricchissimo patrimonio naturale, culturale, artistico e architettonico racconta di stili e civiltà che si fondono e si mescola a un patrimonio ancora più intimo e affascinante, quello della gente di Basilicata.
Una terra discreta e bellissima. Una regione ancora largamente incontaminata e densa di recondite sorprese di inimmaginabile profondità.
La Basilicata offre davvero scenari e occasioni indimenticabili per tutti i gusti e per tutte le aspettative…Il turista può visitarla godendo dei suoi visibili splendori. E sono veramente tantissimi, per chi apprezza escursioni sulle orme di un’enorme varietà di specie animali, per chi gradisce i paesaggi esotici e le rarità naturalistiche, per chi è in cerca di acque cristalline con spiagge o scogliere da mille e una notte, per chi è attratto dai cammini gastronomici, per chi adora esperienze avventurose, per chi vuole ammirare eleganze o originalità monumentali.
Ma difficilmente, anche quello più frettoloso, non sarà irrimediabilmente attratto soprattutto dalle atmosfere, dall’incanto forte ma delicato dell’anima lucana. Il viaggiatore più sensibile e curioso sarà addirittura conquistato dalla Basilicata per sempre. Resterà estasiato dalla grazia e ne avvertirà lo speciale, autentico raccoglimento. Una vacanza in Basilicata può diventare un pellegrinaggio dei sensi  e della coscienza. Quella è la terra, la terra delle origini.
Per me è un’emozione struggente.
Se vi ho convinto a un approccio intenso e avete piacere di trovare una minuziosa, appassionata e acuta “guida” alla Basilicata lasciatevi rapire da Basilicata, viaggio d’autore per esploratori del bello, distribuita dall’APT Basilicata: concept e testi di Vincenzo Petraglia, progettazione e direzione editoriale di Maria Teresa Lotito. Rende giustizia a una regione purtroppo poco conosciuta e sa presentarne l’infinita bellezza con un garbo e un amore che rendono onore al suo popolo.

mercoledì 3 ottobre 2012

Sono emozioni a confronto


Capita che l’entusiasmo trabocchi dallo sguardo, che sia cullato nel cuore o che già frulli operoso in testa. Questione di atmosfere, di inclinazioni, di pudori. O di veemente confusione di impulsi. Insomma devi poi allontanarti, guardare la scena da fuori, appuntare degli spilli sugli attimi, ricostruire il percorso, annusare i profumi che impregnano la memoria. E godere. Di suoni e sorrisi. Oltre il sogno. Nella realtà che senti tra le mani…
Come terra. Odorosa e forte. Terra di partenza, terra di viaggio, terra di passione. Nell’esercizio della fatica, quella che ti fa sentire vivo. In vigorosa alleanza con la morale delle vette, sempre. Perché c’è una salita che dobbiamo essere felici di affrontare…
Emozioni a confronto e progetti che superano i grandi desideri.

martedì 2 ottobre 2012

Eros a richiesta


Scrive racconti erotici. Su commissione. Studia il gusto del “cliente” per cogliere le aspettative, poi si siede alla scrivania e compone. Pezzi brevi ma folgoranti. Da pelle di velluto esplorata con dolci e lievi tocchi a intriganti slanci di passione, sempre sul filo del garbo romantico. Racconti eccitanti ma non da brivido bollente, talvolta venati di una suspence propiziatoria altri infilati in trame più goderecce ma di respiro elegante.
Lo stile morbido, che non sfiora mai il torbido e non si aggrappa all’audacia delle parole, regala pezzi di delicatissimo spessore.
Non è un sognatore. E’ un giocatore d’azzardo. Sa che i sensi si muovono al semplice soffio delle labbra, basta calibrare tempi e luoghi e scintille…Sa che deve osare senza rischiare troppo, barare talvolta e fare mosse pulite altre. Sembra il piccolo chimico che dosa ogni dettaglio. E sa rendere le pause. Anzi è grandioso nelle pause. In quei secondi di silenzio che corrono tra occhi languidi e assorti, mentre le mani esplorano, mentre i corpi si avvicinano. Un maestro nel rendere intatta la musicalità di certi sospiri.

Più che di fantasia pare armato di una lucidità straordinaria che fissa volti, stati d’animo, situazioni in un dipinto perfetto. E’ come se scrivesse un copione per attori in cerca di parte. A portarlo in scena, se saranno bravi, si emozioneranno come fossero protagonisti di una storia reale…

lunedì 1 ottobre 2012

I Salvambiente Emulsio


Voglio provare i nuovi prodotti Emulsio Salvambiente. Mi sembra che Emulsio abbia studiato una linea intelligente: detergente per pavimenti, sgrassatore e formula vetri multiuso sono proposti in ricariche concentrate 100% idrosolubili e biodegrabili. La possibilità di riutilizzare i flaconi potenzialmente all’infinito riduce gli imballi in plastica (nonché ingombro e peso quando facciamo la spesa) e quindi protegge l’ambiente.
Al di là di godere della praticità cerchiamo di apprezzare e praticare forme di consumo sostenibile. Sono solo piccoli passi ma è comunque un segnale di partenza…