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lunedì 30 dicembre 2013

Caro anno nuovo

Tu, 2014, sai di avere un anno di vita. Uno!
E sai anche che tanti o tantissimi, forse troppi, finiranno tra un anno a non vedere l’ora di
archiviarti. Il 2013 non ha voluto saperne di essere buono, bello, felice per tutto il mondo e per ciascuno di noi, uomini e donne del mondo.
Io sul mio 2013 avrei molto da scrivere, nel bene e nel male, ma non me ne importa più, sta finendo ed è giusto che i pensieri siano dedicati a te. Non i propositi o i sogni, quelli sono difficili da maneggiare. Che poi si scopre che ci dobbiamo mettere pure la nostra opera sul calendario, facendo qualche patto con il destino magari, quindi la questione diventa complicata o, semplicemente, a più punti di vista. Proprio pensieri, solo pensieri. E il mio è che tu debba avere (e riuscire ad esaudire) un desiderio enorme e meraviglioso: quello di essere amato. L’amore, caro 2014, potrebbe renderti immortale. Un anno di vita in carne ed ossa diventerebbero vita eterna in spirito, capisci?
Fatti ricordare. Per sempre.
Hai più di 24 ore di tempo per mescolare gli ingredienti e produrre la deliziosa pietanza che attendiamo. Ti porto io a fare spesa al supermercato così puoi recuperare in un lampo giustizia, pace, libertà, umiltà e sincerità. Vorrei tu infilassi pure appropriate quantità di intelligenza e simpatia, le trovo indispensabili! Gradirei suggerirti anche dosi abbondanti di altruismo, sensibilità, lealtà ma, in fondo, immagino tu sia ben informato sui sentimenti e sui caratteri che servono a fare un piatto indimenticabile. Devi solo volerlo, amico mio.

Da parte mia posso prometterti che, se lo meriterai, avrò cura di onorarti, portarti nel cuore e celebrarti fino al mio ultimo respiro.

sabato 28 dicembre 2013

Storia vera della bontà

Te li suggerisco io, i pensieri a mani giunte. Quei versi che un po’ somigliano a preghiere perché, in fondo, se dal cielo esaudiscono il desiderio non ti dispiacerebbe. Certo non osi dirlo, che è una preghiera. Per così poco…Mi pare di leggertela nel respiro questa misura.
Lo faccio in un sussurro quasi che a tirar fuori la voce troppo forte si scomodino le curiosità che è meglio tenere alla larga, per pudore. O, chissà, per scaramanzia. Mi pare di soffiare nel mirino, quello delle bolle di sapone. Così poi ci sgrano sopra gli occhi, sui pensieri a mani giunte suggeriti in un sussurro. Perché sono belli e delicati proprio come le bolle di sapone. Ci sto dentro leggera, assorta e calda, nella tua storia a strati, impacchettata un po’ alla volta nei sogni, nelle frasi, nelle pieghe.
Tu che ne sei innamorato e io che inizio a capire che non potresti non esserlo. Nella bontà che si srotola come una passatoia per accogliere un cammino sotto le stelle. Nessun fuoco d’artificio, a te fanno tremare di paura anche se ti piacciono le luci colorate. Solo piccole paste frolle fatte in casa, con cura, dolci al punto giusto, con la consistenza perfetta della ricetta della nonna. E io che mi sciolgo, nel piacere della gola e nell’emozione che fa brillare gli occhi.
Cosa vuoi che sia, un sentimento, un paese, un giorno strappato al caso. Eppure c’è l’arcobaleno in festa, nel tuo sorriso e in ogni boccone di frolla. Capita. Capita davvero. Che tutto prenda la direzione del vento, pure i capelli raccolti che scivolano fuori dalla coda. Sarà poi una combinazione vincente, come quella delle casseforti o delle lotterie, dove i numeri fanno la differenza e pure le magie.
Tu non ci credevi, che la bontà potesse conquistare così tanto. Pensavi che i cattivi fossero più forti e perfino più interessanti. Tesoro, non è vero che al massimo puoi regalare qualche attimo di commozione, sei una lezione vivente, un prezioso bouquet, un inno per tutti i giorni dell’anno. E, soprattutto, una di quelle realtà che assomigliano al sogno della felicità.

Anche con le ossa rotte sei bellissima.

venerdì 27 dicembre 2013

Solo balle...di fieno

Qualche volta lo sguardo fugge l’infinito e si appoggia, lieve come una carezza, su una
balla di fieno. Su un colore. Su un intreccio. Su un contrasto che si infila come un ago sotto pelle. Cose piccole, momenti piccoli. Di questo sono fatte le sensazioni talmente grandi da non star dentro niente, fuochi d’artificio e terra e cielo e amore, film che più belli non ne hai visti mai.
Emozioni di cioccolato, dritte in bocca e nel cuore. Con quella molla che ti fa scattare un sorriso invisibile, bello per il tuo specchio, quello nascosto e forse un po’ immaginario. Su una strada che costeggia un campo che ti racconta la storia di tutte le storie che volevi leggere, nella natura libera e aperta come un mappamondo che gira con il tuo dito che ci saltella sopra. Nella voce di una vecchia radio o forse su un disco sentito mille volte o un poco di più. Un ritornello famoso che bussa piano sulla spalla, appuntito e grazioso come il becco di un uccellino.
Roba che ti potresti commuovere. Ma c’è una risata a distrarti. Così travolgente che neanche un principe azzurro sul cavallo bianco potrebbe rapirti altrettanto. La balla di fieno danza per te, per la tua schiena curva sul campo. Che anche nella fatica c’è talvolta una gioia che merita una foto che la ricordi per sempre.
Più gli occhi mettono a fuoco più vedono cose a lungo smarrite, messe in un angolo neanche avessero qualche castigo da scontare. Riscoprono il piacere, quello che forte e baldanzoso si fa profumo d’ebbrezza. Avanti avanti, che gode anche il naso. Sarà poi così che sono nati certi umori, sul filo tra zolla e fantasia.

In fondo è questa la vita a pois. Che ti basta una balla di fieno e i sensi svegli. 
(Ringrazio Conci Rinaudo per la fotografia e l'ispirazione)

domenica 22 dicembre 2013

L’aZENda perpetua con Beppetti e Fiorello

Beppe Beppetti, che è il “nome d’arte” di uno che, scrive sul suo sito, fa il disegnatore per professione, è un tizio arguto e abile, assai, con le vignette e le battute.
E’ quello di edicolafiore, per intenderci. Ma è anche quello che ritrovi qua e là con la faccia che coincide con il suo fumetto, Dadgad. Ha ragione Fiorello: è l’unico disegnatore che E’ la sua vignetta!
Mi piace molto, Beppe Beppetti, nelle sue storie, negli spaccati di satira, in quello sguardo originale sul costume, in quel tratto che fa appassionare. E allora l’ho scelto come compagno di strada. Una strada insolita, come lui. Di quelle aperte, infinite, fuori dagli schemi e dal tempo. Precisamente, proprio fuori dagli schemi e dal tempo.
L’aZENda perpetua è l’agenda dell’anno. Non del 2014, dell’anno che volete, di qualsiasi anno. Un anno con Beppe Beppetti è un anno di sorrisi ed è questo che la rende l’agenda giusta, su misura per giorni e mesi che non siano date ma momenti da vivere.
La prefazione di Fiorello è esilarante quanto sta bene all’aZENda e ogni pagina è una piccola grande scoperta.

Con Dadgad la leggerezza, quella buona, è assicurata. Grazie, Beppe Beppetti, chiunque tu sia!

sabato 21 dicembre 2013

Piccolo inno all'ingenuità

Non è che crede agli asini che volano ma ci arriva vicino. Si fida del prossimo, è uno spirito pulito e non sta vigile, con il fucile spianato, pronta a cogliere qualsiasi fruscio sospetto. L’ingenuità è aperta, mite, entusiasta. Ha tanto cuore e un sorriso genuino come un dolcetto fatto in casa dalle mani della mamma.
Qualche volta non le crediamo, tanto ci sembra leggera e pura. Talvolta ci fa addirittura arrabbiare perché la consideriamo un’immatura imprudenza. E spesso la condanniamo  per quanto ci appare sfrontatamente sciocca.
Ma il candore d’animo è una limpidezza così grande che non si può liquidare con sgarbo dalla cattedra dell’esperienza o del realismo. L’una e l’altro insegnano a essere meno ingenui perché conoscono il tradimento, la crudeltà, la scaltrezza, tutte orribili cose delle quali vorrebbero l’ingenuità non soffrisse. Il fatto è che nel momento stesso in cui la esortano alla diffidenza l’hanno già rattristata e avvilita.
Non c’è modo. Non c’è modo di non farla soffrire. E’ destino che provi enormi pene. E non ha senso scoraggiarla perché non si scotti, il bruciore le arriva con le stesse parole che la inducono a cautela.
Quella dell’ingenuità è una delle esistenze più tribolate che io sappia immaginare. Probabilmente dalla nascita alla morte non vede giorno senza batoste. Piccole, continue fitte al petto o devastanti macigni sulla testa. Eppure l’ingenuità è resistente e fedele. Lecca la ferita, chiude una porta e ne apre un’altra. Non fa mai pagare il conto del dolore a qualcuno che non è quello che glielo ha procurato.
Non sostengo che non impari, badate bene. Capisce eccome. Ma non oserebbe mai perdersi il bello che c’è altrove serrandosi in difesa, sospetto e timore. Il brutto forse si fregherebbe le mani dalla contentezza per averle rotto le gambe e l’ingenuità, che è ingenua ma non stupida, questa gioia non la concede. Vuole solo continuare a essere se stessa perché ha l’intelligente dignità delle più delicate, incantevoli grazie.

Merita un piccolo inno l’ingenuità, simpatica, audace, schietta. E molto, molto più sensibile di quanto troppe volte pensiamo sia.

venerdì 20 dicembre 2013

Paradiso IOR

‘Paradiso Ior. La Banca Vaticana tra criminalità finanziaria e politica dalle origini al crack Monte dei Paschi’ di Maurizio Turco, Carlo Pontesilli, Gabriele Di Battista (Castelvecchi ed.): un’indagine attenta e minuziosa che svela la colossale indecenza di un sistema di forze che manovra una impronunciabile quantità di denaro più o meno sporco in una dimensione di sostanziale impunità.
I numeri, gli intrecci, gli sviluppi e le connessioni sono impressionanti.
Pensare sia verità, tutta verità, null’altro che verità fa rabbrividire.  Non mi riusciva tanto difficile immaginare quali e quante oscure potenze si muovessero sulla nostra testa ma il sistema che esce da Paradiso IOR supera per entità anche una fervida, maligna, catastrofica fantasia. E, in un periodo nero come questo, una scoperta così fa tremare doppiamente i polsi di rabbia e di sconforto.
Dai Patti Lateranensi in poi non ci sarebbe altro che un buco nero che per noi si è tradotto in baratro e per qualcuno in ricchezza, smodata e illecita.
Le nefandezze dello IOR sono come quelle della nostra politica, come il terribile rapporto sotterraneo tra Stato e criminalità organizzata o i macroscopici rapporti deviati che ci divorano: rischiano di non indignarci più, tanto siamo rassegnati a non poterli sradicare. Eppure sapere quante risorse prendono il volo lasciando la nostra economia al collasso potrebbe essere una bella rampa di lancio per una consapevolezza, se non vincente, discretamente agguerrita.
Spesso le nostre armi sono spuntate perché non hanno il supporto della conoscenza. L’informazione è pilotata, tutto è controllato, le ribellioni si pagano care. Ma quando la conoscenza è diffusa, molto diffusa, anche il più incallito e vigoroso sistema può vacillare. E’ questo il punto. Questo è un libro che tutti dovrebbero leggere. Credenti e laici, mi piace specificare. Con libertà di giudizio, naturalmente. Ma, almeno, umana e sociale determinazione. Dobbiamo diventare cittadini, questa è l’urgenza assoluta. Facile provare disgusto, avvertire frustrazione, gridare alla disonestà, proclamarsi vittime innocenti. Molto più difficile è fare un cammino di crescita civile. Assumersi la responsabilità di sapere, avere il coraggio di sostenere un cammino diverso da quello corrotto.
E’ tempo di spalancare le porte a un saggio come Paradiso IOR. Questione di coscienza e di tasca.
Gli immensi capitali del Vaticano, le implicazioni mondiali, le tangenti e le maxi tangenti, i depistaggi, gli scandali insabbiati, i lavaggi e i riciclaggi non sono più misteri o segreti eppure continuano a divorarci. Il viaggio tra banche, finanziarie, Ior, nomi in codice e grandi manovre nazionali e internazionali ci fa incontrare tutti: da Sindona a Calvi, a Marcinkus, a De Bonis e avanti, nell’impudica matassa di partiti, imprenditori, mafiosi, istituzioni bancarie e affaristiche.
Gli artifizi giuridici che sottraggono lo IOR, la Banca Vaticana, dall’applicazione degli standard europei ed internazionali di trasparenza e controllo dell’attività economica e bancaria sono avallati nei fatti dalla complicità o dal silenzio del governo italiano e di quello europeo. Sebbene la sovranità statuale della Santa Sede sia stata riconosciuta formalmente solo dall’Italia, l’Unione Europea infatti la riconosce e la rispetta abbondantemente nella pratica.
Il dato tutto italiano invece è che il Regime fascista, con i Patti Lateranensi, consegnò al Vaticano – secondo i dati forniti da Turco, Pontesilli, Di Battista – 828 milioni e 500mila lire in titoli e 750 milioni in contanti, ovvero il 37% delle intere riserve liquide dello Stato italiano all’epoca.
Lo Ior ha avuto, insomma, un bel gruzzolo di partenza per il viaggio della ricchezza!
Ovviamente mi preme chiarire, come fanno peraltro gli autori dell’opera, che neanche un pensiero moderno, democratico e laico può confondere e identificare la Curia romana o Santa Sede o Vaticano con la ‘Chiesa’ come comunità religiosa. Anzi. Andrebbero fortemente rispettate e, meglio, nettamente tracciate, le distanze tra potere temporale e spiritualità.

Speriamo che Papa Francesco abbia scelto il nome giusto per la via della dignitosa povertà.

lunedì 16 dicembre 2013

Il bandito e il campione

Sono Sante Pollastri e Costante Girardengo.
Non tutti forse conoscono la loro storia e non sarò io a raccontarla. Lo hanno fatto, meravigliosamente, Francesco De Gregori con l’omonima canzone e Lodovico Gasparini alla regia di un film Con Beppe Fiorello (Sante) e Simone Gandolfo (Costante).
Non potrei farlo con altrettanta poesia. E, d’altra parte, a me basta tenerla in memoria, sempre con la stessa emozione.
Di quelle emozioni così grandi che non stanno nelle parole e finiscono in sorrisi inzuppati di lacrime. Quelle che fanno davvero bene e alle quali torno spesso, non solo con il cuore. Già, ci vuole pure la testa lì dentro. Con tutti i ricordi in fila, con i pensieri sorpresi e ammirati, con gli eventi che si sono sviluppati e inseguiti in una sequenza che sembrava già pronta per lo schermo.
Me la raccontava sempre mio nonno, la storia di Sante Pollastri e Costante Girardengo.
Lui che era della loro terra, lui che li aveva visti e conosciuti, lui che li aveva ammirati tanto.
Era così bella che quasi credevo fosse un po’ sistemata per me. No, non che lui romanzasse la vita, in verità consegnava la realtà ma sapeva farlo e allora, in quella virtù, ci potevo vedere quello che la rendeva così straordinaria.
E invece ho scoperto che era straordinaria davvero. Tanti anni dopo, quando nonno purtroppo non c’era più e non ha potuto sentirla, ci ha pensato Francesco De Gregori a riportarmela, intatta e travolgente, nella melodia di una canzone.
Ero contenta. Che gioia, Sante e Costante ancora in corsa, amati da un grande cantautore e immortalati in un testo commovente. Il bandito e il campione, amici per l’eternità. Di quegli amici che sono esistiti davvero, nella buona e nella cattiva sorte. Con tutte le passioni e l’umanità degli uomini grandi. Del felice legame che neanche il diverso destino ha diviso.

Quando ho visto il film ho pianto più di tutte le volte perché quasi mi è sembrato di toccarli, Sante e Costante, il bandito e il campione. Perché ho capito quanta strada ci avevo fatto insieme, pur senza correre in bicicletta. Perché tutto quello che sono stati per mio nonno (e per il mitico zio Genio!), per me, per tutti quelli che li hanno capiti non morirà mai. 

sabato 14 dicembre 2013

Lo stratega

Di certo ce ne sono di bravi assai. Pure nell’anima, intendo.
A me interessa il perfido maldestro. Che poi è più o meno uno stratega fasullo perché gli altri, prima o poi, lo destinano al cestino dei rifiuti senza neanche troppe strategie.
Il tizio in questione inciampa da solo nell’illusione della furbizia e della tattica, nella presunzione ad oltranza, nella cocciutaggine fuor di umana misura. E’ uno stregone delle alchimie fallimentari. Tanto intruglia da esplodere con la provetta in mano.
E’ spiacevole, talvolta. Nel delirio, infatti, partorisce idee di qualche valore. Se non fosse per le smanie dell’ego che si vanta di astuzia e si fa largo a spallate le potrebbe pure far fiorire. E invece le mortifica, a colpi di piccone come uno zoticone qualunque.
Ovviamente non strappa sorrisi. Troppo pedante per riscuotere simpatia. E quando poi lo cogli con le mani nel sacco è di quelli che prenderesti volentieri a pedate nel fondoschiena perché tenta ancora di sproloquiare, di infilare la polvere sotto il tappeto, di ribaltarti addosso la sua nefandezza. Ma è bene non farsi prendere dall’ira. Nuoce gravemente a se stesso,  innanzi tutto. E lo fa già senza le nostre pedate.
Se mai c’è una cosa che lo distingue dal resto del genere umano:  si procura legnate invalidanti ma, strategicamente, finge di essere sano e salvo. Evviva, contento lui contenti davvero tutti!

Comunque attenzione, lo trovate talvolta sotto ingannevoli costumi. Intento a occuparsi di letteratura, fare il critico cinematografico per parenti e amici, ascoltare musica classica, visitare musei. Un’ottima copertura. Se quindi volete sottrarvi al suo campo minato, prima di saltare in aria con lui, datevela a gambe subito. Altrimenti, se vi piace la strategia, giocate le vostre carte fino in fondo con un visino quasi angelico. Tanto voi le mine le evitate, lui no.