Pagine

mercoledì 22 luglio 2015

Il compito di un gatto di strada

Con la lettura del piccolo capolavoro di Margherita Oggero ho fatto amicizia con Ruggine e Odradek.
Ruggine è figlio di Rossana e Ramon. La sua tranquilla vita da gatto condominiale è travolta da un insolito destino: ha ereditato da papà Ramon un Compito straordinario. E’ Rossana a doverglielo rivelare e a esortarlo al viaggio. Ramon è un discendente del mitico gatto del Cheshire- lo Stregato di Alice nel paese delle meraviglie- e con ciò ha la capacità di sorridere e scomparire. Il Compito è un viaggio impossibile per comuni gatti di strada e Ruggine infatti non è affatto felice di intraprenderlo tanto più che non sa che insieme a quel bizzarro dovere ha nel sangue le virtù di papà Ramon.
Sarà un magico incontro a rendere tutto più facile e bello. Ed ecco anzi che l’avventura apre a Ruggine le porte della cultura e di una vita emozionante. Il compagno di Ruggine sarà Odradek, una creatura letteraria di Franz Kafka, somiglia a un rocchetto di filo, è piccolo, dotto e libero dalle impellenze corporali, dall’appetito e dal sonno ma, per ciò stesso, solo e triste.
Il legame di amicizia tra i due simboleggia splendidamente le meravigliose combinazioni della solidarietà e dello scambio. Tra realtà e fantasia la Oggero conduce il racconto con garbo vivace e appassionato. Fa ridere, pensare, commuovere. All’ombra delle biblioteche, delle citazioni e dei grandi personaggi e nell’ <umanità> di un felino e di un rocchetto di filo partorito da uno scrittore.
C’è dentro tutto, in Il compito di un gatto di strada. Perfino la letizia finale dell’amore. E tutto tra le righe dell’ironia e della verità. Che l’idea di un gatto speciale e di un protagonista di penna alle prese con le insidie, le gioie, i risvolti dell’esistenza è più di un colpo di genio, è un tratto di delicata profondità che mette a tacere o ribalta  i nostri miseri schemi.
E che brivido in certe divertenti o emozionanti comparse…ciao grande E.T. mi scappa proprio di scriverlo.
L’incontro, tra anime di qualsiasi sorta e natura, può sempre rivelarsi un’entusiasmante scoperta…E poi, diciamolo, l’unione fa la forza.
Grazie Margherita Oggero. Peccato solo sia un libricino breve. Che voglia di essere rapita per centinaia e centinaia e centinaia di pagine!

Buon futuro a voi, Ruggine e Odradek. Spassatevela e continuate a divorare libri, con Gudrun e Kinetta certo. Beati quelli di Finalborgo che godono di voi.   

venerdì 17 luglio 2015

Il mio ozio creativo

Non avrei mai immaginato di arrivare a farmi vanto, del mio ozio creativo. Non sono avvezza all’autocelebrazione e, comunque, che lode dovevo tessermi?
Istinto, puro istinto. Mica una di quelle virtù dell’impegno e del sudore, tanto per intenderci. Gli anni però mi hanno portato davanti stoici del dinamismo ad oltranza. Non alludo agli entusiasti del fare, agli attivi positivi, a chi per natura si rimbocca le maniche e non poltrisce in apatia. Mi riferisco agli ossessionati dal ‘movimento’, quelli che devono stordirsi di appuntamenti, avere l’agenda sovraccarica di incombenze, non concedersi mai un minuto di libero pensiero.
Accidenti, che angoscia. Roba diversa dall’ansia che pur suscitano, costoro. L’angoscia contiene tristezza e disperazione. Siamo sprofondati nell’abisso che non permette sane tregue? E con chi dialogare dunque?
La battuta di arresto culturale affonda le radici anche in questo caotico stress senza sostanza. Tanti sembrano proprio convinti che sbattersi tutto il giorno tutti i giorni incastrando i minuti sia il massimo, del dovere e del diritto.
E allora mi preoccupo. Non poco. Che ne sarà degli approfondimenti, della meditazione, della fantasia, delle passioni estrose, del gioco? E’ in tutto quello che nutre la nostra amica che possiamo attingere per ‘creare’ e per crescere. Sia detto che la crescita non è una sorta di inutile ‘progresso’ forsennato, è maturazione, miglioramento.
Lavoro sodo, altroché. Senza lesinare energie, con serio zelo e enorme partecipazione emotiva. Ma se non coltivassi il lusso di starmene talvolta in panciolle nel ‘nulla’ pieno di dimensioni, orizzonti, colori, idee, riflessioni, non potrei produrre qualcosa di buono neanche con tutta la capacità e la tenacia del mondo. Davvero.
Se non leggessi, non ascoltassi, non guardassi in giro che cazzo (splendido termine oxfordiano) potrei sapere, capire, dire, scrivere?
Ho bisogno di prendere le distanze, per vedere. Capita eccome, pure al fotografo che vuole inquadrare bene la scena. Mi serve mettere insieme i pezzi per sbandierare il puzzle, non ce l’ho in borsa pronto all’uso. E se anche ce l’avessi che gusto ci sarebbe a non averlo sognato e gustato passo dopo passo?
La frenesia forse è anche la malattia di chi fugge. Perennemente. Di chi ha paura di affrontare i propri percorsi interiori o quelli della vita. Un po’ si può magnanimamente comprendere. Succede, anche a me. Di accantonare un momento, una circostanza, un problema, un argomento per ‘salvarmi’. Però non si può respirare di rimozione costante e assoluta, su!

Il rischio è evidente. Il famigerato vuoto cosmico che opprime è uno spettro inquietante. Perché del mio ozio creativo potrei finire a farmene poco fossi sola ed emarginata. Le voci dello stesso coro devono invece unirsi. E non cedere. Mai.

mercoledì 1 luglio 2015

Ve la dico io la verità

Accidenti, neanche ce ne fosse una. Assoluta e universale. Neanche io fossi la Sibilla delle Sibille. Quella che ha la risposta giusta per tutto.
Ecco, non ne ho alcuna, da spacciare come formula perfetta, realtà inconfutabile, posizione insindacabile. E vado piuttosto fiera dei miei dubbi, delle mie riflessioni infinite, dell’ascolto che presto alle alternative possibili. Ho compassione, certo, per gli oltranzisti. Quelli che hanno in bocca oro colato, sanno più degli altri, sono bravi bravi bravi, conoscono le ricette, tirano fuori la spada con disinvoltura e convinzione estrema.
Beati loro no, questo non lo penserei mai. Non convivo male con il tormento continuo dei pensieri. Anzi. Mi piace credere più importante la/le verità della mia ragione o del mio torto.

D’altra parte l’unica preoccupazione seria è la quantità. Sono troppi, gli oltranzisti, così sicuri di se stessi da fregarsene bellamente di tutto e tutti. Le evidenze o le evenienze contrarie non li sfiorano neppure…