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giovedì 12 gennaio 2017

I morti che vivono

Ce lo ripetiamo sempre, che i nostri cari non muoiono del tutto. Vivono in noi.
Ci sono assenze però alle quali non bastano i ricordi. Fanno un male crudele. Perché qualche morto non ha potuto vivere abbastanza o ci ha lasciato con l’amore e la forza a metà. Perché ti racconti che sono al tuo fianco ma non li vedi e non li senti.
Forse c’è molto egoismo, nell’idea che un affetto non debba farci piombare nella solitudine, se ne vada senza curarsi di come staremo e cosa faremo. E forse c’è molta fragilità, in quel terrore di parlare e non avere risposte.
La vita continua, come lo spettacolo. Ma vai a spiegarglielo, che deve sorridere anche con il cuore rotto.
E comunque non è naturale. No, non lo è. Che l’addio non ci scaraventi nel pianto. Possiamo continuare a camminare, lo so, ma quello strappo nessun sarto lo può rammendare. Vaffanculo, a te che credi che sia tutto facile, che ci sia sempre una spugna a cancellare le facce. Può darsi che a te riesca, dimenticare, ma in fondo neanche te lo auguro. Che anima brulla saresti senza un dolore nel petto?

Va bene, i morti un po’ vivono. Nei nostri sospiri. Quando li chiamiamo fanno finta di non sentirci perché se ne stanno in pace nel loro riposo al riparo dal mondo. Mettiamola così, almeno per sopravvivere.