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domenica 5 febbraio 2012

L'attesa del piacere


Ben si addice al Campari, che infatti la adotta nella nuova pubblicità, l’evocazione dell’attesa come piacere: attingendo probabilmente alla filosofia di  Gotthold Ephraim Lessing, lo spot recita con grande efficacia “in fondo non è forse vero che l’attesa del piacere è essa stessa piacere”?
l'attesa del piacere è essa stessa piacere
Pregustare innesca tutti i sensi, produce scariche di adrenalina, predispone magnificamente al turbamento delle emozioni. 
D’altra parte ciò che aneliamo a raggiungere, quello che aspettiamo di godere, il momento che tanto desideriamo arrivi potrebbe rivelarsi addirittura deludente rispetto a quelle prepotenti aspettative, a quelle sublimi speranze, a quei luminosi sogni. Non per altro la vera delizia di una festa, di un evento, di una data alla quale abbiamo assegnato gloria è, spesso, la vigilia. Il carico di brama e fantasia è proprio inebriante! Ed ecco anche che talvolta invece è estasi pura la magia di qualcosa che dirompe, sorprende, travolge: qualcosa per il quale non avevamo già acceso i motori del cuore e del corpo…Si scatenano lì, improvvisamente, tutte le nostre pulsioni.
Ma torniamo a bomba, alle attese anzi al piacere delle attese. E alla sospensione, a tempo indeterminato, della possibilità che ciò che aspettiamo diventi realtà.
Questa è la storia di una donna che attende da un tempo che, noi più o meno umani, non possiamo calcolare. Assapora la voglia. Immagina, fa congetture, almanacca con poderosa e capricciosa minuziosità. 
Suscita al principio quasi tenerezza. L’idea che non abbia mai gustato l’agognato piatto induce a indulgenza, quasi stimola un moto di conforto o, addirittura, il proponimento di un aiuto. Ma è una buona predisposizione che si sgretola facilmente. E, anzi, si trasforma nella certezza di intendere le ragioni di quella negazione del destino! La cervellotica creatura, infatti, sfodera armi feroci. Per nulla addomesticata alla delicatezza, al pudore, alla mansuetudine, al rispetto, all’altruismo e pericolosamente avvezza all’egocentrismo e alla grettezza di spirito la donzella esulta dei suoi ghiribizzi, si compiace della perfidia con la quale sotterra la decenza, qualche anima e qualsiasi umana relazione con l’esternazione delle sue chimere, mette in scena le prove generali del suo piacere urtando contro la sensibilità di chiunque…
E’ macchinosa, gioca sporco, sputa veleno, l’inquieta donna che attende il piacere. Non ha pensato a darne, mai. Non ha aperto la porta. E non ha varcato neppure quelle rare porte che si erano generosamente, o arditamente, dischiuse per provare ad offrirle, con l’ospitalità, la possibilità di disfarsi di quei panni untuosi, di quel piglio acido. Adora bussare all’uscio serenamente chiuso di chi nella propria alcova.
Il tempo dell’attesa è esso stesso piacere. Ma c’è da augurare a questa donna di sciogliere con il Campari la tensione logorante di una dimensione vissuta in modo così malvagio e stonato…
Accidenti, temo sia astemia. Un vero disastro.





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