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martedì 28 giugno 2016

Il ritratto: Marco Paracchini autore, regista e...

Marco Paracchini, un nome da memorizzare, una persona da conoscere.
Anzi. Un personaggio che, se siete curiosi naviganti del web, forse già conoscete.
Regista, scrittore, docente e prezioso consulente per l’orientamento editoriale. E questo è un doveroso profilo flash.
Parecchi lavori all’attivo e buoni riconoscimenti professionali sono senza dubbio un bel biglietto da visita di Marco Paracchini. Ha scritto e diretto opere audiovisive dall’entertainment all’educational e numerosi cortometraggi (l’elenco è lungo ma segnalo almeno L’audace viaggiatore e Untouched). Suo anche un documentario biografico su Gabriella Ferri. Sul fronte della scrittura cito, tra gli altri, i romanzi Le Indagini di Kenzo Tanaka, La maglia è nostra... e ve la prestiamo solo per giocare, Sherlock Holmes e la Setta degli Sciacalli e Sherlock Holmes e il licantropo di Huntingdon.
Questa sintesi non rende merito alla sua produzione ma in fondo non è il curriculum a dare una marcia in più a questo virtuoso 40enne. Intanto Marco Paracchini è uno che si è misurato in ambiti molto diversi e lo ha fatto sempre con grande profondità e intensità. Poi ha osato, ha spinto l’acceleratore sulle sue passioni, si è mosso su terreni e generi che lo tengono fuori da facili cori commerciali. Tutto questo, peraltro, con quei valori umani e professionali che non sono affatto scontati: serietà, correttezza, onestà.
E’ proprio su tutto questo che punto il riflettore. Francamente è una bella figura, Marco. Parla ancora di amore e di principi, con una sensibilità rara. Lo fa tenendo a bada l’amarezza con ironia e poesia. Direi che questa sia chiama quasi audacia!
A me piace pensarlo come un ‘Samurai urbano’, lui forse direbbe un ‘Ronin contemporaneo’. L’amore per il Giappone e la sua cultura, il suo approccio alle realizzazioni creative e la sua personalità lo vestono perfettamente dei panni del guerriero senza padrone. Non solo. Ci sono il suo rigore e il suo appeal, un mix delizioso in questi tempi molli e scivolosi. Perché lui è uno spirito tenero ma a schiena dritta, insomma.
Sui social media e su youtube, quella di Marco Paracchini è una presenza forte, articolata, deliziosamente aggressiva. C’è con un carattere assolutamente originale, ecco. Strategia di marketing? Certo, sicuramente e giustamente non lascia al caso la comunicazione, però anche sulle pagine facebook e instagram il tratto distintivo è quella trasparente mescola di trasporto personale e di carica professionale.
Ci mette la faccia, si direbbe di alcuni con enfasi in tempi di scarsa responsabilità. Ebbene, lui ci mette faccia e firma, in ogni pensiero e in ogni direzione.
Ho voluto segnalarne pure le competenze di orientamento editoriale, che peraltro ho ammirato da vicino, perché denotano il ‘metodo’ Paracchini: pignolo con garbo. Già, mai superficiale e approssimativo ma aperto e flessibile.
Ciascuno riconosce e stima quelli che considera tratti di pregio, of course. E io questi li sottolineo con vigore.
A dirla tutta dovrei aggiungere un tocco musicale, altro versante esplorato da Marco Paracchini con verve speciale. Con Matteo Ghelma ha fondato infatti i Big Tokyo con realizzazioni rock decisamente interessanti…
Altro? Avremo molto altro ancora da scoprire, ne sono certa, perché lui non si ferma mai. E’ facile sintonizzarsi sulle sue tracce, ne lascia di importanti ovunque.

Trovo che espressioni poliedriche di talento e applicazione in una gentile e simpatica umanità siano il passepartout del successo. Quindi chapeau, Marco. 

martedì 14 giugno 2016

Omofobia: la violenza dei deboli

L’omofobia è la malattia dei deboli.
D’altra parte l’odio, la discriminazione, la violenza sono sempre terribili debolezze. Sono il pericoloso frutto della paura, dell’ignoranza, della stupidità. E spesso sono anche angosce indotte, fomentate da chi della paura, dell’ignoranza, della stupidità fa chiave di potere.
Come definire una ‘civiltà’ nella quale ha posto l’omofobia? Una civiltà miserabile.
Recita il vocabolario Treccani <degno di essere commiserato per la sua triste sorte, per la sua infelicità>. Ecco, il miserabile è infelice. Una cultura chiusa, annebbiata e triste è destinata a soccombere. La forza e l’energia delle diversità sono una ricchezza della quale si priva fino allo sfinimento. Opaca, attorcigliata su stessa, incapace di amare, votata allo squallore, partorisce un costume bieco.
L’omofobo è un essere costretto in una gabbia, insieme all’integralista di qualsiasi religione e al razzista.
Credo che spetti agli uomini e alle donne forti di questo mondo, con la loro letizia, la loro intelligenza, la loro sensibilità, far loro aprire questa dannata gabbia.
E’ possibile, una società dove regni su tutto il diritto alla serenità possibile…
Il rischio più grosso che corriamo è invece quello di restare nelle grinfie dei manipolatori del mondo, quelli che non riconoscono questo diritto perché  stroncherebbe le loro smanie di controllo.
E’ così che abbiamo partorito uomini che non sanno più essere uomini, eterosessuali che uccidono le donne che osano non essere succubi, donne che non hanno passione e rispetto per la loro stessa vera natura. E’ così che non ci vergogniamo della caccia alle streghe. E’ così che siamo diventati molli e fasulli. E’ così che abbiamo perso la dignità e la grandezza della vita.
Chi punta sempre il dito contro qualcuno vuole distoglierci dalla luna.
Che quel qualcuno sia gay, nero, ateo o credente per me francamente conta poco. Lui è me, sempre e comunque.  

Auguri a Giovanni Esposito

Giovanni Esposito, attore e poeta. Si, una specie di poesia vivente, delicata e ironica.
A me piace molto, la recitazione di Giovanni Esposito, ma più di tutto ho potuto apprezzare -e ne sono davvero felice e onorata- la figura genuina e gentile, profondamente innamorata dell’umanità delle parole. Lo immagino sorridente mentre plana con lo sguardo sul suo mare e fa pensieri. Già, i pensieri si fanno. Un po’ con la virtù del cuore, un po’ con il guizzo geniale dell’elaborazione.
Così, che sia sul grande schermo o sul palcoscenico di un teatro (e perfino in uno spot tv) Giovanni Esposito arriva dritto alle corde delle emozioni. Bravo e intenso, sempre.
Ci vuole passione, per essere Giovanni Esposito!
Auguri, di buon compleanno e buona vita.

A presto, spero.

sabato 4 giugno 2016

Non fate tutti i santi con Sara

Tutti smargiassi eh con chi non ha aiutato Sara?
Facciamo finta di non vedere la famiglia in difficoltà sul nostro pianerottolo, ignoriamo chi è mangiato dal male di vivere, non abbiamo mai tempo, forza e coraggio per i problemi altrui, scansiamo tutto quello che non ci casca proprio addosso.
Tiriamo fuori l’audacia e la solidarietà solo quando si tratta di additare chi ci ricorda esattamente quanto siamo miserabili.
Mi addolora terribilmente la morte di Sara come mi addolorano tutte le violenze. Ma mi addolorano anche il vuoto, l’egoismo, la falsità, la spacconeria. Siamo tutti vittime. Della paura, dell’individualismo, dell’aridità, della ferocia.

Spesso possiamo pure giustificarci…siamo umani. E’ vero ma dovremmo esserlo anche per tacere, con rispetto, dispiacere, sincerità.