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giovedì 26 maggio 2016

Il lavoro che vi distrugge

A parte il lavoro davvero usurante, il lavoro che distrugge è quello che fate su voi stessi non facendo onore al cervello, piccolo o grande, che avete in dotazione, mancando di rispetto alle persone e alle cose, snobbando lo zelo e la passione, ignorando il dovere, scansando la fatica, svilendo la bellezza della coscienza, disprezzando la fierezza del risultato possibile.
Dovreste avere pietà di voi stessi, incoraggiarvi a un sussulto di dignità, permettervi di rialzare la testa, consentirvi un sereno riflesso allo specchio.
Smettetela di infierire sulla vostra essenza di uomini. Siate generosi con i vostri mezzi e le vostre energie, date loro l’occasione di essere utili. Siate audaci e abbandonate quel terribile tormento della mollezza. Siate lungimiranti e buoni con voi stessi: regalatevi l’ebbrezza di sentirvi finalmente parte attiva e positiva del mondo.
Suvvia, non logoratevi trascinando i piedi nei luoghi di lavoro come foste in prossimità del patibolo, tradendo buon gusto e disciplina, deludendo le vostre chances, abbruttendovi nella malavoglia con la quale sbrigate le incombenze.

Apritevi al piacere di lavorare, troverete qualche soddisfazione, qualche affermazione, qualche serenità.

mercoledì 18 maggio 2016

Per sempre

E’ curioso che gli amori debbano basarsi su una promessa eterna. E’ curioso che non sappiano essere assoluti un minuto e pretendano parole per sempre. E’ curioso che finiscano tra le braccia di amanti sognando lo stesso infinito. E’ curioso che non sappiano semplicemente esserci.
Quello che di più grande e meraviglioso potremmo dare a qualcuno è la nostra autentica presenza. Quella si, oggi e tutti i domani che verranno. Senza metterci sopra un’etichetta. Che già amicizia sarebbe platino con diamanti.

Io per te ci sono e ci sarò. Non conta che io ti dica perché, conta che tu possa contarci.

martedì 10 maggio 2016

Fin che la barca va

Non so quanti anni fa la cantasse, Orietta Berti.
Fin che la barca va era un motivetto che esortava con grazia a non rincorrere l’impossibile, a non rovinarsi la vita con smanie che lasciano con un pugno di mosche in mano, a godere di quel che è invece di bramare sempre altro.
Oggi ci ripenso, frastornata da un clima umano spesso davvero preoccupante.
L’eredità inquieta e frivola nella quale molti ragazzi non trovano entusiasmo, valori morali e responsabilità fa più paura di qualsiasi contingenza critica globale. Quello che rende gravi le situazioni, più dei problemi, è la mancanza di voglia e strumenti per risolverli o almeno affrontarli. Alludo innanzi tutto, quindi, agli strumenti mentali.
Si urlano disoccupazione e precarietà ma…avete mai osservato bene certa gioventù occupata stabilmente? Ecco, lungi da me qualsiasi generalizzazione, è chiaro però che gli esempi felici purtroppo non fanno numero. Molti giovani vanno all’estero non solo a cercare lavoro, ve lo assicuro, anche a cercare un altro modo di lavorare e pensare.
Qualcuno si arrabbierà? Pazienza. Sinceramente di incapaci, fannulloni, arroganti, deprimenti a tempo indeterminato ne vedo troppi e credo sia opportuno dirlo. Possibile che una o due generazioni abbiano trasmesso ai figlioli solo la cultura dei diritti, dimenticandosi di insegnare i doveri? O che non abbiamo mai stimolato in loro il piacere di imparare, di fare, di migliorare?
Mi pare che una riflessione, oltre che urgente, sia fondamentale accidenti.
Davvero rischiamo che quelli di buon intelletto, spina dorsale, maniche rimboccate abbandonino in massa le nostre coordinate geografiche.

Non è forse giusto far tornare di moda quei principi come la preparazione, l’applicazione, il rispetto, la correttezza? E magari il piacere, si proprio il piacere di lavorare bene, con la testa sulle spalle e la stessa energia che si dedica al divertimento. Solo ossequiando tutto questo potremo scendere in piazza a pretendere il trionfo del merito e di molto altro.
Capire che la vita non è poi tutto serate da sballo, borse firmate o cazzeggio sui social non ci farà male. Anzi.