L’omofobia
è la malattia dei deboli.
D’altra
parte l’odio, la discriminazione, la violenza sono sempre terribili debolezze.
Sono il pericoloso frutto della paura, dell’ignoranza, della stupidità. E
spesso sono anche angosce indotte, fomentate da chi della paura,
dell’ignoranza, della stupidità fa chiave di potere.
Come
definire una ‘civiltà’ nella quale ha posto l’omofobia? Una civiltà miserabile.
Recita
il vocabolario Treccani <degno di
essere commiserato per la sua triste sorte, per la sua infelicità>. Ecco,
il miserabile è infelice. Una cultura chiusa, annebbiata e triste è destinata a
soccombere. La forza e l’energia delle diversità sono una ricchezza della quale
si priva fino allo sfinimento. Opaca, attorcigliata su stessa, incapace di
amare, votata allo squallore, partorisce un costume bieco.
L’omofobo
è un essere costretto in una gabbia, insieme all’integralista di qualsiasi
religione e al razzista.
Credo
che spetti agli uomini e alle donne forti di questo mondo, con la loro letizia,
la loro intelligenza, la loro sensibilità, far loro aprire questa dannata
gabbia.
E’
possibile, una società dove regni su tutto il diritto alla serenità possibile…
Il
rischio più grosso che corriamo è invece quello di restare nelle grinfie dei
manipolatori del mondo, quelli che non riconoscono questo diritto perché stroncherebbe le loro smanie di controllo.
E’
così che abbiamo partorito uomini che non sanno più essere uomini,
eterosessuali che uccidono le donne che osano non essere succubi, donne che non
hanno passione e rispetto per la loro stessa vera natura. E’ così che non ci
vergogniamo della caccia alle streghe. E’ così che siamo diventati molli e
fasulli. E’ così che abbiamo perso la dignità e la grandezza della vita.
Chi
punta sempre il dito contro qualcuno vuole distoglierci dalla luna.
Che
quel qualcuno sia gay, nero, ateo o credente per me francamente conta poco. Lui
è me, sempre e comunque.
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