Più
o meno incedere con ondeggiamento delle anche. Un po’ moto naturale, un po’
civetteria, diranno gli uomini avvezzi a posare lo sguardo sulla donna che
sculetta.
Questa
è la natura. Già, quella del sedere che si mena, o è menato, a destra e a
manca. Come quei viottoli di campagna nella luce alta del sole d’estate quando
l’aria brilla e ogni gomito pare che oscilli come una canna al vento. Come quegli
aquiloni incerti, che tremano appena nei primi metri di cielo immobile. Come i
gatti che sembrano sempre in posa sinuosa per una fotografia. Come le nuvole,
quando fanno i loro piccoli soffici viaggi.
La
malia di quello che sculetta è un po’ come l’incanto del pendolo che ci fa
spostare lo sguardo di qua e di là, che ci rimanda in mente chissà cosa di
lieve, che mentre attira la nostra attenzione ci ha già inebriato.
E’
bello, quell’andamento un po’ così. Quello che ti lascia uno spiraglio di
fantasia. Quello che vorresti fermare con le mani ridendo come i bambini euforici.
C’è
chi impara l’arte, di sculettare. E chi si sveglia sculettando al mattino
porgendo un sorriso al giorno. Come le tende dietro la finestra socchiusa in
primavera. Un dipinto di vita.
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