Ci
chiediamo sempre cosa concludono manifestazioni, appelli, raccolte firme e
iniziative civili magari a forza di hastag. Certo è una condizione emotiva
demotivante, quella del risultato non eclatante. Ma questa volta voglio
chiedermi cosa ce ne facciamo della rassegnazione o dell’indifferenza. Meglio esserci
e provarci che stare a rimuginare sull’utilità.
Che
poi <l’utilità> è innanzi tutto proprio muovere il primo passo. Non c’è
altro modo di sperare che il tentativo di fare qualcosa. Non risolviamo i
problemi, non sfamiamo i rifugiati, non riportiamo la pace con una marcia a
piedi scalzi?
Non
ne sarei proprio sicura, in prospettiva. E’ solo questione di numeri. La marcia
degli uomini e delle donne scalzi è un benvenuto culturale e sociale a un nuovo
esercizio dell’umanità, del buon senso, della vita.
Che
a botta di tacchi a spillo, comodità e amenità ce ne siamo lasciati indietro
parecchio. E in questo perché non ci chiediamo con quale utilità? Non siamo
certo più felici, anzi.
E
poi è così asfissiante la logica di tirare a campare nelle proprie quattro mura
che davvero non so come si faccia oggi a non avere voglia di starsene a piedi
nudi. Sicuramente ci mancheranno un po’, le scarpe, ma –per magia- avvertiremo
netto il desiderio di averne un paio qualsiasi a disposizione…Mica ci vogliono
le All Stars Converse per non andare in giro scalzi.
Personalmente
non mi serviva la marcia per averne consapevolezza e mi vergogno perfino un po’
a citarle ma, ammettetelo, per quanti è così?
Ecco,
già sarebbe uno straordinario balzo in avanti.
Ne
volete un altro? Uomini e donne. Che questo siamo, nel mondo. Non ricchi e
poveri, belli e brutti, gialli e neri, fortunati e sfortunati. Uomini e donne. Con
un’esistenza breve, brevissima, che forse merita davvero la marcia mentale
giusta.
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