Teatro
di tradizione, il Coccia di Novara.
Una
grande storia, di opere e artisti. Un luogo di emozioni. D’altra parte qualsiasi
teatro è proprio luogo di emozioni: di scene e suggestioni, di parole, lacrime,
risate. Uno scrigno di momenti preziosi, esibizioni indimenticabili e racconti
sul filo della fantasia, della letteratura, della musica. E’ il palcoscenico
sul quale scorre la vita in tutte le sue infinite sfaccettature, dove l’attore
recita una parte, il ballerino esprime la potenza di una piroetta, il musicista
fa vibrare uno strumento. E dove il pubblico è lì, parte di ogni frammento e di
tutto, complice e protagonista.
Il
teatro è la magia dei suoni, delle voci e degli sguardi. Di quell’alchimia
inspiegabile che corre tra un testo, chi lo interpreta e chi lo gode. Niente si
ripete mai identico e tutto è scoperta.
Se
sono più legata al Teatro Coccia è solo perché sono nata a Novara e qui ho
imparato a conoscerlo ed amarlo, il teatro e il suo calore.
Solo
ora però seguendo i tre intensi giorni di allestimento e prove di Buena Onda di
Rocco Papaleo, Valter Lupo, Valerio Vestoso e Giovanni Esposito con Rocco
Papaleo e Giovanni Esposito accompagnati dai musicisti Ciccio Accardo
(chitarra), Jerry Accardo (percussioni), Guerino Rondolone (contrabbasso),
Arturo Valiante (pianoforte) ho respirato fino in fondo l’ebbrezza dell’atmosfera.
Le
assi consumate del palco mi hanno fatto pensare a quanti passi l’hanno calcato,
a quante cose conserva in memoria, a quante urla, dolcezze, salti sia grato. Altro
che fantasmi o ricordi, qui si aggira l’essenza stessa dell’esistenza e dell’umanità
E’
così. Immagino che se potesse ci confiderebbe segreti, ansie, euforie. Ci spiegherebbe
cosa capita davvero a quei corpi e a quei cuori che lo animano prima durante e
dopo ogni spettacolo.
Che
meravigliosa avventura, con gli artisti e tutti gli altri, registi, scenografi,
costumisti, tecnici impegnati a rendere onore e grazia ai pensieri regalati
alla platea.
Buena
Onda alla fine, quando ieri l’ho visto e sentito da spettatore, mi ha fatto
ridere, cantare, battere il tempo e piangere. Avrei scommesso di saperne ogni
battuta e ogni sfumatura e invece, eclettici come sanno essere, hanno stupito
anche me.
Divertimento,
conforto, riflessione, dramma, ironia, speranza: quello che si può consumare
nel tempo di una rappresentazione è un dono straordinario.
All’abbraccio
che come sempre dedico al mio Rocco Papaleo aggiungo quello al talento e alla
simpatia di Giovanni Esposito, ai musicisti cui sono tanto affezionata e a
tutta la compagnia che ormai ha imparato a sopportare la mia presenza.
Chapeau
a tutti. Grazie.
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