Infine
l’ho riletto, Il grande Gatsby di Francis Scott Fitzgerald. Qualche volta le
letture di gioventù ritornano, per varie ragioni. In questo caso più di tutto
ha potuto la spinta a rimettere i sensi in gioco nella miseria del Grande
Sogno.
Sullo
sfondo degli anni 20 americani con la crescita economica, i party, il
proibizionismo e il conseguente contrabbando, la frenesia e la frivolezza collettive
quello di Fitzgerald è il romanzo che più che il grande sogno americano ne
narra la fragilità e l’acuta parabola discendente. Con una prosa da avvincente
letteratura si destreggia tra amarezza, satira, realismo, saggezza.
La
depravazione morale di una ricchezza svincolata dal pudore e dal valore dei
sentimenti è tanto più devastante quanto più si confonde con le storie di
uomini e donne impregnati di effimera, inquietante apparenza. Storie che
sprofondano nella superficialità, si stordiscono nel lusso, si aggrappano alle
cose. Storie che riducono la vita a una manciata di ebbrezze, a sciocche
esibizioni, a disperati inseguimenti di un fasullo benessere.
Il
grande Gatsby mette impietosamente a nudo lo squallore delle debolezze e la
povertà intellettuale, emotiva, affettiva. Lo fa in una trama densa, a tratti
quasi esasperata, cucita addosso al tempo, ai personaggi, alla vacuità delle
brame e delle ossessioni. Ma anche con il ritratto intenso e struggente di un
sogno amoroso che sembra l’unico capace di scalfire la disastrosa follia di una
vita inutile.
Jay
Gatsby è fuori dalle righe, in tutto. La sua sfacciata agiatezza ha dubbie o
riprovevoli provenienze ma per quanto su questo l’intera West Egg (Long Island,
New York) si agiti in congetture e giudizi la sua spettacolare villa è meta
perenne di veri e propri pellegrinaggi, gare di presenza e di esibizione. La
verità è proprio in quella oscena farsa sociale. Mentre Gatsby è animato dal
desiderio di riconquistare Daisy, la donna che non aveva potuto sposare da
povero e che è decisamente attratta solo dai soldi, tutte le figure che ruotano
intorno a lui sono prive di ideali, decenza spirituale e dignità. Chi vorrebbe
condannarlo è in realtà un’accozzaglia di spregevoli opportunisti svuotati da
qualsiasi umano rigore e bellezza esistenziale che preferisce giovarsi della
sua casa, delle sue feste, della sua stravaganza.
Nessuno,
neanche lontanamente, percepisce lo spessore e lo strazio di Gatsby. Salvo Nick
Carraway, l’unico che oltre a comprenderlo imparerà a rispettarlo.
Nonostante
il potere economico Daisy non se la sentirà di lasciare il rozzo ma agiato
marito per una persona così diversa, romantica, profonda. Gatsby troverà la
morte per mano di Wilson e di un tragico “equivoco” ma, tutto sommato, era già
morto prima o sarebbe morto comunque con il sogno tradito e infranto. Gli sarà
accanto solo Nick che, proprio davanti alla triste evidenza del fallimento
umano di quella società malata, dopo averlo sepolto lascerà West Egg e tornerà nel Mid West.
Un
libro notevole, per tessuto e respiro. Un libro di straordinaria intensità e di
impeccabile “tecnica”. Le esemplari caratterizzazioni rendono in modo pieno
atmosfere, brutture, degenerazioni.
Per
me resta il libro di Jay Gatsby e di Daisy nonché di Nick Carraway, la magnifica
voce narrante. Valido per l’epoca dell’illusione e dello sgretolamento del
Grande Sogno americano e attualissimo oggi dall’altra parte dell’oceano. Il
consumismo, i lustrini e le smanie ostinate del nulla continuano a lacerare la
cultura e il pensiero, a mortificare la spiritualità, a generare frustrazioni
insulse e inquietanti.
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