Quello
di Valérie Tong Cuong è un romanzo che mi ha fatto sorridere e commuovere come
pochi. Il merito è sicuramente di una storia singolare, di una narrazione
originale e di
un’analisi affascinante quanto importante. Ma è anche di quella
straordinaria coincidenza che talvolta ci fa incontrare una lettura al momento
giusto.
Il
tema di fondo che Valérie cala in una trama avvincente è di quelli che scottano
tra le mani di una osservatrice del costume e pesa sul cuore di chiunque
rifletta sugli equilibri delle relazioni umane, sulle dinamiche dell’egoismo e
dell’altruismo, sulle espressioni di individualismo o di solidarietà.
In
quella terra scivolosa del bene e del male, della felicità e della solitudine,
dei bisogni e della magnanimità troviamo tutto quello che siamo, che ci
tormenta o ci anima. Millie, Mariette e Mike che conoscono a loro modo l’abisso
incontrano Jean e il suo Atelier dei miracoli che rappresentano la mano della
provvidenza o la porta verso la felicità.
La
verità è molto complessa e si dipana lungo il percorso di risalita, l’uscita
dalle crisi personali, lo scambio di bontà e cattiveria, il confronto serrato e
sconvolgente. Jean che aiuta e manipola, l’Atelier come catena di intrecci tra benessere
proprio e altrui, Millie, Mariette e Mike con un intenso quadretto intorno che
scoprono, provano, trovano se stessi attraverso il dolore e la profondità della
consapevolezza.
La
generosità e il tornaconto privato e intimo sono la ruota panoramica che
trasporta tutti, a ritmo più o meno vorticoso. Nella disperazione e nella gioia
gli altri sono spalla, specchio, fastidio o desiderio. E’ il limite degli
uomini e delle donne farsi sfuggire il limite, almeno talvolta. Non afferrare
che tutto è collegato, che le parole, i gesti, le disposizioni di spirito azionano
leve di continuo.
Sta
nella fragilità, nelle brutture, nei segreti scabrosi la realtà che l’Atelier
può svelare riportando tutti nella pagina della vita. Quella dei legami e della
libertà, quella dei sentimenti e delle delusioni, quella dei sogni e delle
ferite.
La
salvezza arriva davvero in modo inaspettato, per tutti. E alla fine di un arduo
cammino. Faccia a faccia con le emozioni e con il labirinto della ragione e
delle personalità l’Atelier compie il miracolo di rompere indugi e apparenze,
di andare oltre le singole zone di luce e ombra, di capire cosa c’è dentro ogni
bagaglio e quante cose si possono trovare fuori dal tunnel della cecità o della
paura o della convenzione.
Valérie
Tong Cuong è capace di raccontare con realismo e romanticismo insieme in una
sorta di agenda quotidiana nella quale il lettore trova intatti i conti in
sospeso, i desideri, i propositi, gli appuntamenti. Quelli meticolosamente
annotati, quelli accennati a matita, quelli che non scriviamo e lasciamo con la
polvere sotto il tappeto.
Brava
a indagare tra i pensieri. Brava a incidere senza togliere il respiro.
Attualissimo
l’Atelier dei miracoli in una società in crisi morale e umorale e, troppe
volte, superficiale. Fare qualcosa per gli altri risponde alla necessità di
ricevere qualcosa dagli altri? Se il circuito è virtuoso vale la pena di
incamminarci. E, comunque, di leggere il libro.
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