Lo
associo alla voce di Rocco Papaleo, al suo teatro-canzone, alle sue
performances live su e giù per l’Italia, a quella band che dal palcoscenico suona
e narra.
Ciccio
Accardo ha quasi la faccia della sua chitarra. Come quelli che la musica ce l’hanno
nel cuore e si vede. Con gli occhi della sua calda terra e uno stile misurato,
come se i colori e i ritmi fossero solo nelle note. Un po’ dolce un po’ compassato,
a rispettare la scena e la melodia. O così mi è sempre parso. Nel sorriso
aperto e nelle pieghe tese alla perfezione, in quel tocco accurato mosso con
scioltezza e nel mazzo di sogni che intravedi nella sua testa.
Io
l’ho ascoltato sempre con Rocco Papaleo e a teatro in Una piccola impresa
meridionale bis con gli altri straordinari strumenti animati da Jerry Accardo,
Guerino Rondolone e Arturo Valiante. E in qualche modo mi è arrivato come il
tassello di un percorso e di un’impronta. Una chitarra che è parte di una
storia, ecco.
Mi
è piaciuta la spontaneità e quel vago, forse malinconico, silenzio che ogni
tanto gli cala addosso. Oltre alla bravura, naturalmente. Che sa di passione e
lavoro ma anche di una sferzata di cultura delle origini e di lieve magia.
Limpido
e gradevole Ciccio Accardo. Lo immagino alle prese con i pensieri e le armonie,
magari intento a formulare desideri o a sorridere dell’accordo giusto. In scena
e nella vita. E mi auguro di poterlo sentire ancora e ancora.
Grazie,
Ciccio Accardo, per il divertimento lieve e le emozioni.
Off-topic: sei stata ispiratrice - e quindi te l'ho dedicato - di un post che ho appena pubblicato.
RispondiEliminaSe ti va, passa da me un attimo.
Buona domenica, un abbraccio,
HP