L’ha
inventata lei, la minigonna. Lei è Mary Quant, quella che per le giovani degli
anni ’60 ha pensato a un look che mescolasse tutto: femminilità, audacia,
charme, allegria. Già. Mary Quant non ha accorciato solo la stoffa di abiti e
gonne per liberare le gambe, ha dato un tocco a tutto il guardaroba perché fosse
serenamente ispirato a una sensualità giocosa e frizzante ma garbata.
Dai
tagli di capelli corti e sbarazzini partivano vestitini pratici e semplici dalle scollature castigate, un pezzo di gamba
infilata in collant coprenti e colorati e una scarpa comoda a tacco grosso
impreziosita magari da un laccetto alla caviglia.
Insomma
la minigonna di Mary Quant era emancipazione elegante e coraggio dolce. Una
grande donna, probabilmente, Mary Quant, inglese, classe 1934. E la moda
sicuramente conserva il suo nome tra i creativi rivoluzionari. Benché il
collega francese André Courrèges ne rivendicò la paternità per le donne del
mondo la minigonna resta di Mary Quant.
Ecco,
non ho mai pensato che un capo di abbigliamento potesse essere una vera e
propria opera d’arte o il simbolo per eccellenza di un’epoca però non riuscirei
neanche a sottovalutarlo troppo. Le espressioni del costume raccolgono o imprimono
bisogni e desideri. E nulla più dei bisogni e dei desideri eccita e plasma la
cultura.
D’altra
parte osservare come Mary Quant ha interpretato la donna regala il piacere di
una ‘stravaganza’ intelligente…
Che poi si possa discutere
sull’eccessiva importanza attribuita all’immagine, sul sacrificio dello stile
personale per indossare quello che propone il mercato, sulla mortificazione
della bellezza interiore per lasciare spazio a quella esteriore è altra storia.
La pagina scritta da Mary Quant merita comunque di essere ricordata. Lei, in
effetti, ha trasmesso proprio il senso delle scelte: sta alla nostra testa e al
nostro specchio intendere bene il messaggio. E, magari, imparare a mescolare
armoniosamente tutti gli ingredienti che ci fanno donne.
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