Toccami.
Con le mani, il respiro, le parole.
Perché
io non abbia mai a sentirmi sola, toccami.
Non
è che c’era solo poesia. No, quello era tutto lo spirito che aveva. Paura
compresa. Brutta bestia la sensazione di smarrimento, l’urgenza di chiedere, il
nodo alla gola. E lo sappiamo tutti anche se fingiamo di essere più forti o
viaggiamo in superficie per tenere a bada l’urlo profondo.
Inadeguati,
tutti, alla gestione delle cose umane. Fragili o arroganti. Avvinti dalla
materia, quella che con la gestione si acconcia, fiorisce, si placa. Ma cosa
sarà mai che ci ha portato a questa idiozia?
Chissà
cosa resterà di quelli che non toccano e non sono toccati. Di tutto questo
scellerato tempo perso dalle mani, dal respiro, dalle parole. Di quelle
emozioni sepolte nel silenzio. Di quei battiti che nessuno raccoglie.
Non
bastano manciate di brividi di tanto in tanto, per quanto siano di quelli
buoni, eccitanti e promettenti. La vita reclama un coraggio che non balza
fuori.
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