E’
qui la festa. Nel luogo esatto in cui non si celebra. Si, proprio dove non va
in scena lo spettacolo. Nel divenire assorto in altro, nella trama dei respiri
che pensano a persone, cose, fatti. Dove non c’è dolce e non c’è ballo. Dove già
che vi sia pace e non guerra è gioia enorme.
L’ansia
dell’evento è un fardello che non si addice a spalle deboli. E, d’altra parte,
c’è un altrove che non può neanche degnare di uno sguardo la baldoria. Ha un
altro passo o è attorcigliato su un tormento o non ha ali per volare e calici
da alzare.
Non
è sempre male, no. Talvolta è più autentico. Crudo, forse. Ma di quella
crudezza che onora la realtà, non inventa illusioni, non maschera tristezze. Se
ne sta a braccetto con la verità, quale che sia, comunque vada. In un prato
immaginario di chissà quale primavera, sotto la coltre di neve in montagna o in
una casetta di città col cielo grigio.
A
Pasquetta si riflette su questo. Sul pic nic mancato. Che è un po’ come la
vita. Una ciambella che non riesce sempre con il buco. Su quelli che non hanno
in mente neanche bene cosa possa essere, un pic nic. Sulla beatitudine di chi
non ha bisogno di ricorrenze, perché un sorriso in qualche modo lo tira fuori
dal cassetto della buona volontà. Su tutto il bailamme che nasconde anche
quello che dovrebbe stare solo e sempre alla luce del sole. Su quella forza
cieca che si chiama speranza. E su quel tesoro che è l’umiltà di acconciarsi ai
giorni così come vengono…
Un
po’ necessità, un po’ virtù.
La riflessione mi piace molto perché in essa ritrovo considerazioni che faccio sovente. La speranza è una forza, soprattutto se si unisce all'umiltà di una resilienza spesso necessaria.
RispondiEliminaTi abbraccio.
P.
Eh P. tu ed io siamo spesso sulla stessa lunghezza d'onda...e questo mi piace molto!
EliminaRicambio l'abbraccio