Hai
i genitori anziani e una badante è un costo che non puoi sostenere. Hai un
familiare malato ma non puoi assentarti dal lavoro tutto il tempo che serve per
assisterlo. Hai i figli piccoli e il nido non copre tutte le ore necessarie. Hai
un parente solo (o sei solo) e pensi sempre che un po’ di compagnia sarebbe
quasi tutto.
Non
tiriamo in ballo lo Stato, il Comune, i Servizi Sociali delle Asl e via
dicendo. Non sono altro da noi, ci rappresentano e esprimono quello che siamo
in un dato spazio e in un dato tempo. E poi diciamolo, la prima solidarietà è l’ordinaria
umanità. Quella degli amici, dei vicini di casa, delle persone. Delle persone. Persone
che per istinto dovrebbero tendere una mano invece di coltivare egoismo ad
oltranza. Altro che immigrati, ospitalità, integrazione. Noi siamo scollati,
gli uni dagli altri, da almeno qualche decennio.
Teniamo
i problemi sotto chiave e sullo stesso pianerottolo del condominio manco
sappiamo se ci sono vivi, morti o così così. Ci arrangiamo, fin dove possiamo,
e combattiamo strenuamente per uscire con il sorriso altrimenti siamo
automaticamente out. Nessuno vuole reggere un po’ del peso altrui perché ha già
il proprio oppure si sente in diritto di godersi la propria beatitudine alla
faccia di chi è più sfortunato.
E
allora? Come minimo moriremo poveracci di spirito. Come massimo faremo i conti
con il nostro turno se la ruota gira.
Perché
non pensarci? Perché non alimentare una cultura della piccola vicinanza? Perché
non trovare il coraggio e il vantaggio della condivisione? Perché non sentire
il piacere della libertà? Già. Anche di libertà, si tratta. Libertà di avere
affanni, preoccupazioni, difficoltà. Libertà di poter comunicare un disagio.
Aggiungerei…perché
non possiamo sperare in condomini solidali, in circuiti virtuosi di sostegno
tra conoscenti? In una rete di contatti e relazioni più autentiche e profonde?
Mi
piacerebbe raccogliere pareri, proposte, riflessioni.
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