Dopo
averla stritolata nella morsa della gelosia, ti sei ritrovato accanto una donna
malinconica e impaurita, attorcigliata sulla sua fragilità e colma di amarezze.
Una
donna che non ti piaceva più e che giocavi a torturare con lo sprezzo di chi
deride le ansie e le debolezze, di chi spalanca la bocca in un orribile ghigno
davanti alle lacrime.
Una
donna che non sapeva più se ti amava o era aggrappata ad un sogno e a un
ricordo. Una donna schiava della sua stessa dolcezza.
A
quella donna hai rivolto una smorfia quando chiedeva un sorriso, hai urlato la
forza quando cercava affetto. Le hai rubato mille volte il piacere quando
desiderava solo una carezza e hai risposto a tante parole con il pugno teso.
Hai
torturato con ogni mezzo, hai sfogato rabbia e sarcasmo, hai riso
sguaiatamente.
Quando
il destino atroce ha fatto il suo corso il tuo cuore è esploso. I nervi sono
volati fuori dal tuo corpo in uno spasmo di dolore e disperazione. Ti sei
accasciato per strada, sotto l’acqua che lavava i pensieri e il tempo, nel buio
che nascondeva i brandelli della vita. Urlare non serviva più, non scuoteva che
l’aria.
Hai
sentito il vigore come un ingombro orribile, volevi solo che l’agonia ti
consumasse, in fretta. Hai accarezzato il gelo ed è stato come se ti arrivasse
dentro la stessa ferocia che troppe volte avevi messo nelle mani. In testa e
nel petto, una fitta acuta.
Allora
hai pianto, di te stesso e di quell’esistenza che ti rimbalzava intorno mentre
volevi l’oblio. Hai sperato ti uccidesse quel supplizio. Ma la fine non
arrivava. Minuti, ore. Fino all’alba. Fino al risveglio da un incubo.
Fu
una di quelle notti che cambiano il giorno degli uomini.
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