Un
set cinematografico, la vecchia stampa di un libro di storia, un quadro
surreale.
E,
soprattutto, un enorme viaggio della fantasia. Perché a Craco (MT) non puoi fare
altro che immaginare, pensare, cercare. Il tempo è sospeso, nel silenzio della
pietra e nell’odore schietto dell’aria. Sotto il cielo Craco è la memoria di un
passato stravolto dalla furia impietosa della natura e della improvvida mano
dell’uomo. Ma è anche un teatro della terra e della vita. Interamente evacuato
negli anni ’60 Craco, il paese fantasma, è un vuoto da colmare nel gioco
stimolante degli spunti.
Attraverso
il panorama dei calanchi il complesso arroccato sulla collina ha qualcosa di
spettrale e di seducente insieme. E’ impressionante l’impatto e lo è ancor più
addentrarsi con la guida (e l’elmetto per motivi di sicurezza) nelle vie e
negli anfratti del passato, quasi a frugare nel vissuto di quelle case su e giù
per il tortuoso cammino di scale e strettoie. Più dei dettagli mi colpiscono
l’atmosfera di quella realtà desolata e monumentale, la spiritualità di quella
solitudine, le luci e le ombre che proiettano sagome ovunque.
Rammento
le scene di qualche film girato lì, come La lupa di Lattuada, Cristo si è
fermato a Eboli di Rosi, La passione di Cristo di Gibson, Basilicata coast to
coast di Papaleo. Ecco, è facile qui scivolare nel cinema, dal mistero al
pathos, dall’avventura al dolore, dal sentimento alla celebrazione. E’ il
portento di quello che evoca un luogo vivo eppure deserto, è il niente che si
fa tutto, è l’eternità.
Il
richiamo di Craco è fortissimo. Mette i brividi ma ti accoglie poi, con una
rigorosa grazia di architetture, in un abbraccio caldo. D’altra parte è ancor
ben leggibile il valore artistico e culturale di Craco. E la curiosità che
suscita lo spaccato storico è davvero enorme. Senti ancora gli aliti degli
uomini e delle donne, le loro voci, i riti di ogni giorno. Sono lì, nelle
crepe, negli squarci, sotto i tetti, nelle pieghe curiose delle vie.
Nessun commento:
Posta un commento