I
panni stesi fanno rima con chi li indossa, con le mani che li hanno lavati e
appesi al vento. Poesia dei gesti quotidiani, del governo della casa, della
storia che vestono.
Anime
che asciugano al sole per rinnovarsi in passi e pose, per tornare sulla tavola
o nel letto del candido riposo.
Disegnano
bizzarre figure nel volteggio dai fili, con le mollette che li trattengono nel
raggio di casa, come gioielli da custodire con cura. Cupi o sgargianti, da
lavoro o da festa, i panni lavat e st-nnut sono come l’album di famiglia, zeppo
di foto e di ragioni di vita.
E
qui, alla luce o al tramonto di Basilicata, dove lo spirito e la malia delle
arcane cose della vita sono più forti che in ogni dove, li puoi trovare sui balconi
o nei cortili come in piazza o lungo il corso. Di paese in paese, come una
processione devota, come una mostra a cielo aperto. Più che fierezza, verità.
Quella dell’essenziale che si svela in istinto. Più commovente e intensa di
qualsiasi sublime verso: poesia della realtà, senza parole che la narrino
bella.
(Se vi state chiedendo come si
concilia il costume con la buona creanza lucana siete lontani, assai, dalla linfa
del cammino su questa terra).
Ringrazio
Carlo Pastore per la fotografia di Pisticci, rione Dirupo (MT).
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