C.Riccardi, Vecchia che cuce |
Fino
all’ultimo soffio di vita. Con il corpo stanco e la schiena curva, nel silenzio
della sordità, dietro la nebbia degli occhi, la nonna cuciva. Per rammendare
qualcosa, per attaccare un bottone, per dare ancora un senso alle mani e alle
ore.
Tra
le rughe l’espressione era placida, quello era il tempo che fermava il tempo.
Era ancora utile, con l’ago e il filo. Ogni punto era un metro di vita, una
domanda e una risposta che ancora si incontravano. Sulla sedia impagliata o
sulla vecchia poltrona e, appena l’aria lo permetteva, sulla soglia, nell’odore
del giorno che muoveva passi e saluti. Magari davanti ai gerani, quelli che
amava.
Qualche
volta con i dolori delle dita deformate che non ne volevano sapere di infilarsi
nel ditale. E qualche volta con quel tremore che si replicava negli orli. Era
una pena fallire, non per la fatica che a quella non si sottraeva mai, perché si
sentiva scivolare di mano la generosa operosità. Che effetto ripensarci. Capire
quanta dignità c’era in ogni sforzo, nell’ostinazione di fare e dare, nell’amore
del lavoro.
Anche
uno straccio sembrava oro nella sua devozione, in quel rispetto antico delle
cose, nella passione semplice per la bellezza pura. Istinto e passione in uno
scrigno di garbo naturale. A me più della destrezza piaceva questo, la
dedizione. E quando ero contenta di una cucitura vedevo un sorriso nei suoi
occhi che era luminoso e caldo come il sole.
Adesso
che i ricordi mi commuovono so che sto invecchiando…
Forse voglio illudermi, ma non è solo l'età che fa commuovere leggendo questo ritratto.
RispondiEliminaE poi mi viene questo pensiero, che questa nonna ha cucito ben più di stracci e orli (!) a giudicare dalle tue parole!
un abbraccio, prish
E' vero Prish, ha cucito ben più che stracci e orli!!!
RispondiEliminaUn abbraccio anche a te
;)