Sotto
la pioggia che non mi piace mai e dura da troppi giorni scelgo di sfidare, una
volta
almeno una volta, l’umore. Che non vuol dire farmene semplicemente una
ragione. Fosse solo questione di pazienza non ci sarebbe novità, quella ce la
devo mettere per forza, piove a prescindere dalla mia voglia o dalla mia
capacità di sopportarlo.
Provo
proprio a immaginare il sole, tra una goccia e l’altra. Come una bambina che
gioca con qualche presenza immaginaria.
In
fondo, penso per stimolarmi, è un buon esercizio anche per la mia fantasia
letteraria. Ecco, lo penso e già mi scappa un sorriso. L’ispirazione guidata
sarà come viaggiare in auto con l’autista? Chi deciderà il tragitto? Tragitto
però tradisce un punto di partenza che ha già in testa il punto di arrivo e
allora, nel diluvio di pensieri e gocce, apro l’ombrello all’autista
esploratore, quello che sa condurre il mezzo ma non conosce la strada così mi
porterà qui e là, a casaccio.
Sulla
via incontro bancarelle che sembrano serene pure sotto le nuvole e questo mi
pare un buon principio, qualcosa che invoglia oltre ogni previsione, non solo
del meteo. L’auto sulla quale viaggio può solo costeggiarle a una certa
distanza e non è male, anzi, perché così non mi arrivano eventuali facce
infreddolite o irritati schizzi di capelli fradici. Mi godo il bello che c’è,
tutta la mercanzia colorata e l’ordine dei banchetti, uno dopo l’altro, davanti
ai camioncini che fanno da magazzino taglie e misure. E pure l’arte delle
tettoie improvvisate, le mani scaldate dai coni di caldarroste, le pozzanghere
schivate da piedi lesti.
Mi
godo il bello che c’è anche nel parco pieno di alberi piangenti con le panchine
deserte. E in quelle atmosfere grigie dove il vezzo dei dettagli spicca tanto,
davvero tanto. Ma d’un tratto l’auto che scivola sulla strada mi lancia in una
corsa, mi fa perdere qualcosa, mi fa sentire una spettatrice al cinema. E io
così una parte nel film non ce l’ho. Perché il sole che riesco a immaginare tra
una goccia e l’altra mi scaldi davvero la pelle chiedo all’autista di fermarsi.
Scendo e la pioggia me la prendo tutta.
Ci
litigo, con l’acqua, con l’umore, con la fantasia che arranca.
Fino
a bagnarmi di un’emozione che, forse, è solo resistenza. O, magari, libertà. O umanità.
O quello che volete, improvvisate una presenza immaginaria come ho fatto io. Che
il dolore quello vero è solo nella pioggia che uccide, come in tutto quello che
fa un male che non puoi governare. Finché devo solo studiarmi una pista per
distrarre la malinconia posso sicuramente vivere.
(Pagina di diario
personale: sono meteoropatica-il dipinto è di Andre Kohn)
Quello che sa condurre il mezzo ma non conosce la strada. Mi piace, sarebbe da scriverci una storia... ;-)
RispondiEliminabuona pioggia, Prish
Ti passo il testimone, Prish...nel bosco con la pioggia ;)
RispondiEliminaUn bacione
La pioggia è diventata neve... il sole si può immaginare meglio, tra un fiocco e l'altro :-)
RispondiEliminaE' vero!
RispondiEliminaQui non è ancora arrivata...in compenso ieri la grandine ha bersagliato la città per ben due volte :(
Comunque ci rimane l'immaginazione e non è poco.
Grazie.