Seguo
Luca Miniero e il cast del film e approdo al cinema nella serata di uscita di
Non c’è più religione.
Il
film, con il suo improbabile (o probabile) presepe del terzo millennio, nel
paesino di Portobuio messo in subbuglio da tre ex amici che si riscoprono
amici, da un Gesù Bambino da trovare a qualsiasi religione appartenga, da un
circo farsesco di personaggi umani e animali, parte dal dato di un Paese -il
nostro- che invecchia, che vede la natalità in decrescita costante, che vive il
confronto con altre culture e altri credo portatori, tra l’altro, di bambini.
Per
il presente vivente di Portobuio l’unico bambino disponibile ha un’età e una
mole fisica decisamente incompatibili con la parte. Il sindaco (Bisio) pensa
che la soluzione perfetta sia chiedere in prestito ai musulmani del paese un
bambino adatto al ruolo. Le resistenze della suora (Finocchiaro) e degli
abitanti del paese si sciolgono o si adattano all’esigenza. Così parte il ‘lavoro
diplomatico’ di Bisio e Finocchiaro che si rivolgono al terzo amico di gioventù
(Gassmann) convertitosi all’islam col matrimonio. Rocambolescamente e con una
serie di compromessi e di gag comiche sembra davvero possa combinarsi un
presepe destinato alla celebrità. Già, Bisio fa presto a intravederla come
opportunità politica, tutti i media accenderanno i riflettori su quella realtà
di riuscita integrazione. Gassmann ci intravede una sorta di riscatto su Bisio,
per vicende sentimentali di anni prima con la Finocchiaro contesa tra i due. La
suora Finocchiaro in fondo confida al suo Signore che il bacio giovanile con
Bisio è ancora nel suo cuore e che la tonaca è solo arrivata ad alleviare la
pena.
La
storia in realtà ha altri sviluppi che arriveranno dall’incontro con il
buddismo inaspettato della stessa figlia del sindaco, di stanza a Londra ma
rientrata al paesello per svelare la sua gravidanza al padre (e non solo) e
lieta di offrire la creatura al presepe.
Tra
i tre ex amici, Bisio Gassmann Finocchiaro, vengono al pettine i nodi del
passato con tanto di reciproche ripicche e scaramucce ma anche l’affetto e la
stessa voglia di divertirsi e di non prendere troppo sul serio la fedeltà a una
religione o all’altra.
Il
finale, che non svelo, è una sorta di esilarante o commovente conciliazione di
tutto e tutti che non deve passare dalla credibilità ma da una sorta di
leggerezza auspicabile, quella stessa della vita che la figlia di Bisio darà
alla luce. Ci intravedo in realtà un’altra possibile interpretazione ma forse è
un passo avanti alle intenzioni di Luca Miniero e del film. Quello che è più
evidente è invece che Non c’è più religione smaschera e mette il dito in qualche
piaga in puro stile Miniero: con un’ironia scanzonata che non fa sconti ma
neanche condanna troppo. Insomma una fotografia. Di come siamo e di quanto
quell’ “è la vita”, che ricorre spesso nel film, ci porta a fare…
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