Qualche
anno fa sentii Roberto Saviano affermare che è rivoluzionario e può salvare il
Paese fare bene il proprio lavoro. Trovai il concetto intelligente e ne
condivisi lo spirito. Ammetto però che solo oggi ne colgo pienamente, oltre
alla saggezza, la forza rivoluzionaria.
Quando
scrivo del piacere e del valore della “fatica” alludo esattamente alla fierezza
del dovere e del rispetto e alla serenità che ne deriva, in termini individuali
e collettivi. Ma, appunto, non ne avrei colto la portata rivoluzionaria se non
mi fossi applicata con buona volontà nell’osservazione dei nostri tempi. Tempi
di deriva.
La
corruzione morale generale, dice la signora Lia, ha partorito i “macro problemi”
nei quali, peraltro, proseguiamo a infiacchirci con una presuntuosa pigrizia.
Guardandomi
intorno, per strada, negli uffici, al ristorante, in un negozio, vedo la
disastrosa realtà di uomini e donne che arronzano, sbuffano, trascurano.
D’altra
parte nel Paese della furbizia, la scorciatoia e la disonestà regnano sovrani. Ormai
non tendiamo “al massimo”, giochiamo sempre al risparmio di energie e qualità. Abbiamo
addirittura il terrore di passare per fessi se facciamo più o meglio di altri. Tutto
funziona in termini di paragoni scabrosi e non di modelli positivi. Senza alcun
orgoglio di risultato autentico.
Il
merito è una spina nel fianco, è vero. Evaporata la fiducia nella giustizia, la
delusione e la rabbia sono feroci. Però se restiamo adagiati su questa infelice
resa non vedremo mai splendidi orizzonti. Francamente, considerando la severità
che riservo a me stessa, non vorrei dover essere il mio giudice! Insomma, è
questione di coscienza. Non posso sottrarmi alla rivoluzione, mi punirei con
crudeltà ineguagliabile.
Voglio
fare bene il mio lavoro, voglio impegnarmi ogni minuto, ogni giorno perché la
mia testa e le mie mani siano concentrate e dignitose. D’altra parte,
credetemi, trovo eccitante la dedizione. Forse mi inebria la soddisfazione, d’accordo.
Ma a farmi godere è anche la percezione di pace con me e con il mondo.
Questa
è appunto la grande rivoluzione possibile: fare bene il proprio lavoro è
giovamento contagioso, si diffonde e ricade su tutti. Evviva, confermato che
sono una rivoluzionaria, mi sento davvero in forma.
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