Non
è la terza età, non sono anziani. Loro sono i tuoi vecchi, i miei vecchi, i
vecchi della terra. Quelli che trattengono il tempo perché la nostra vita abbia
ancora un sapore.
Non
possiamo perderli senza una fotografia che ce li ricordi per sempre, un
ritaglio che ci faccia luce nel buio del vuoto.
Uno
si è accorto del fotografo e abbozza un sorriso, l’altro sta chino sui pensieri,
le mani in grembo, il cuore che batte lento nella quiete. Vecchi come le pietre
e docili come la saggezza. Vecchi come i cappelli e gli abiti logori di vita.
Acconciano
le ore sotto il tiepido sole, nel rito della compagnia e della piazza, con l’arte
dell’ozio che finalmente è virtù. Chissà se è bene non bevano un bicchiere di
vino come ha detto il medico. Chissà se fa meglio a noi pensare di tenerli in
salute, per sempre. Perché fino a quando li vedremo lì sul muretto e si toglieranno
il cappello per salutarci saremo sicuramente più sereni.
Non
importa se hanno smarrito la memoria, loro sono. Quello che è stato e,
soprattutto, quello che dovrebbe ancora essere. Semplici e frugali, così vicino
all’odore dell’esistenza che il nostro naso fa fatica ad annusare.
Non
è che tu e io ci dobbiamo commuovere. Dobbiamo solo sederci accanto a loro perché
sono i vecchi della terra la nostra anima.
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