Il
nome del figlio è il film che rivede alla regia Francesca Archibugi.
Adattamento
italiano della piece teatrale francese Le prènom rivisita, attraverso una
storia di famiglia e di amicizia, il costume e la storia del nostro Paese.
Il
nome del figlio è un pretesto. Uno di quello con cui stuzzicarsi, su cui
discutere e dividersi, intorno al quale ritrovare pace.
Già,
i nomi evocano. Qualcosa o qualcuno. Talvolta sono schieramenti, neanche troppo
velati. E qualche volta provocano. Proprio così. Sul gioco di un nome che
irrita la suscettibilità ideologica di qualcuno e travolge i trascorsi di una
famiglia, Il nome del figlio, smaschera vizi e debolezze di una combriccola di
familiari e amici che ci rappresenta alla grande.
A
una cena di festa, in attesa della nascita, viene fuori tutto, proprio tutto. Il
pregiudizio, le ipocrisie, le questioni irrisolte, le rigidità e i luoghi
comuni. Francesca Archibugi si giova di un cast straordinario: Alessandro
Gassman, Valeria Golino, Rocco Papaleo, Luigi Lo Cascio, Micaela Ramazzotti
interpretano i loro personaggi con un’intensità così sciolta da renderli
palpabili, realistici.
Le
relazioni sembrano improvvisamente saltare. Tutti mettono in discussione tutto
e tutti. I giudizi si fanno spessi, acuti, sgradevoli. E le verità vengono a
galla. Anche quelle che sono scomode o
scabrose, almeno secondo il piccolo sentire borghese.
Le
due coppie, Gassman Ramazzotti e Lo Cascio Golino, si fronteggiano sebbene
abbiano più motivi per fare luce al loro interno che sull’altra. Il single,
amico d’infanzia, Rocco Papaleo sembra l’ago della bilancia. In fondo è stato
sempre un po’ così. Lui a raccogliere le confidenze, lui a capire, lui a fare
da ponte. Ma quella è la serata del botto e sarà proprio lui a sparigliare le
carte, a mettere tutti spalle al muro. La ‘rivelazione’ getterà scompiglio ma
sarà anche l’unica possibile premessa perché il gruppo e ciascuno ritrovino uno
specchio con il quale fare i conti, sinceramente e profondamente.
Con
tutta la forza degli affetti autentici Il nome del figlio è una commedia corale
che toglie parecchia polvere dalle nostre case, tira fuori qualche scheletro
dall’armadio, indica una direzione sociale e umana serenamente percorribile.
Peraltro
lo scontro spesso è davvero una grande occasione. Non solo per confrontarsi
senza finzioni ma per togliersi qualche fardello dalle spalle, qualche peso dal
cuore, qualche palla dal piede.
Un
cinema non urlato che soddisfa per la sua sensibilità, ironia, intelligenza. Un
bel respiro. Bravi tutti, davvero.
Impagabile
ed emozionante quel pezzo, perfetto, di Lucio Dalla: Telefonami tra vent’anni. Chapeau.
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