Non
so quanti anni fa la cantasse, Orietta Berti.
Fin
che la barca va era un motivetto che esortava con grazia a non rincorrere l’impossibile,
a non rovinarsi la vita con smanie che lasciano con un pugno di mosche in mano,
a godere di quel che è invece di bramare sempre altro.
Oggi
ci ripenso, frastornata da un clima umano spesso davvero preoccupante.
L’eredità
inquieta e frivola nella quale molti ragazzi non trovano entusiasmo, valori
morali e responsabilità fa più paura di qualsiasi contingenza critica globale. Quello
che rende gravi le situazioni, più dei problemi, è la mancanza di voglia e
strumenti per risolverli o almeno affrontarli. Alludo innanzi tutto, quindi,
agli strumenti mentali.
Si
urlano disoccupazione e precarietà ma…avete mai osservato bene certa gioventù
occupata stabilmente? Ecco, lungi da me qualsiasi generalizzazione, è chiaro
però che gli esempi felici purtroppo non fanno numero. Molti giovani vanno all’estero
non solo a cercare lavoro, ve lo assicuro, anche a cercare un altro modo di
lavorare e pensare.

Mi
pare che una riflessione, oltre che urgente, sia fondamentale accidenti.
Davvero
rischiamo che quelli di buon intelletto, spina dorsale, maniche rimboccate
abbandonino in massa le nostre coordinate geografiche.
Non
è forse giusto far tornare di moda quei principi come la preparazione, l’applicazione,
il rispetto, la correttezza? E magari il piacere, si proprio il piacere di
lavorare bene, con la testa sulle spalle e la stessa energia che si dedica al
divertimento. Solo ossequiando tutto questo potremo scendere in piazza a
pretendere il trionfo del merito e di molto altro.
Capire che la vita non è poi tutto serate da sballo, borse firmate o cazzeggio sui social non ci farà male. Anzi.
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