Ha
annunciato in questi giorni il pensionamento da Esselunga, la sua felice
creatura: a 88 anni, dopo 66 di lavoro, godrà di un meritato riposo. A leggere
la sua storia di imprenditore vengono i brividi, per lungimiranza, capacità e
tenacia. Ancor più se considero che ai veleni della burocrazia e della
pressione fiscale per la gestione di una grande azienda che vanta più di 20.000
dipendenti si sono aggiunti, da quel che ho letto sui giornali, quelli
familiari. I soldi portano sempre parecchi dolori, purtroppo.
Non
la conosco, mai la conoscerò e un po’ mi dispiace.
Mi
sono fatta l’idea Lei sia uno di quegli imprenditori che considero appartenenti
a una razza in via d’estinzione. Non me ne vogliano gli altri, ovviamente non
mi riferisco ai tanti piccoli e medi che lottano con passione ogni giorno e che
meriterebbero un encomio già solo per la resistenza. Penso a quelli grandi,
inghiottiti dalla finanza più che seriamente impegnati nell’economia reale.
Credo che Lei ne abbia fatto una questione di dignità, di buona ambizione, di
sana intraprendenza e di profonda, convinta dedizione.
Deve
aver guadagnato parecchio a giudicare dal fiorente fatturato, dalla continua
espansione e dagli enormi lasciti (non solo a figli o collaboratori ma anche a
sostegno di cause civili) e questa è la ricchezza della quale ritengo si possa
essere fieri. Siamo tristemente abituati a un Paese e a una cultura che non ha
nel costume il sacrificio, il merito, l’ingegno, la responsabilità. Chi serve
la propria azienda per 66 anni può vantare qualche diritto al benessere, a
parer mio. Mi piace scriverlo, mi piace dedicarle questa riflessione. Anche
solo perché riaccende qualche luce di speranza nel buio che stiamo
attraversando.
E’
vero, Lei è di un’altra generazione, quella che teneva ancora in testa una
serie di principi e valori che sono andati via via evaporando in quelle
successive. Ma può restare un esempio, magari anche nel piglio asciutto e
risoluto, nella coerenza spesa con la fatica, nella forza di tenere alta la
bandiera della sua missione. Si, fare impresa in Italia è come abbracciare una
difficile missione.
Le
auguro una vecchiaia serena, sig. Bernardo Caprotti. E mi auguro che il suo
nome segni una possibilità, mostri sempre da che parte e come devono arrivare i
quattrini, svegli un po’ di considerazione nell’importanza di tenere in vita
l’economia, quella vera.
Complimenti,
per Esselunga e per il suo vigore.
Cordialmente
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