Ci
sono assenze però alle quali non bastano i ricordi. Fanno un male crudele. Perché
qualche morto non ha potuto vivere abbastanza o ci ha lasciato con l’amore e la
forza a metà. Perché ti racconti che sono al tuo fianco ma non li vedi e non li
senti.
Forse
c’è molto egoismo, nell’idea che un affetto non debba farci piombare nella
solitudine, se ne vada senza curarsi di come staremo e cosa faremo. E forse c’è
molta fragilità, in quel terrore di parlare e non avere risposte.
La
vita continua, come lo spettacolo. Ma vai a spiegarglielo, che deve sorridere
anche con il cuore rotto.
E
comunque non è naturale. No, non lo è. Che l’addio non ci scaraventi nel
pianto. Possiamo continuare a camminare, lo so, ma quello strappo nessun sarto
lo può rammendare. Vaffanculo, a te che credi che sia tutto facile, che ci sia
sempre una spugna a cancellare le facce. Può darsi che a te riesca,
dimenticare, ma in fondo neanche te lo auguro. Che anima brulla saresti senza
un dolore nel petto?
Va
bene, i morti un po’ vivono. Nei nostri sospiri. Quando li chiamiamo fanno
finta di non sentirci perché se ne stanno in pace nel loro riposo al riparo dal
mondo. Mettiamola così, almeno per sopravvivere.
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