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mercoledì 20 giugno 2012

Troppo sesso, basta!


Non avrebbe mai creduto potesse avere il fiato corto quel legame. Tutta quella passione, tutta quella gelosia, tutti quei sospiri, tutta quella intimità di battiti, mani, sguardi. Le scintille di attrazione e possesso sembravano fuochi d’artificio destinati a non finire mai. E non solo. Quella complicità ardente doveva essere una chiave, il segnale, il sigillo di un sentimento enorme e assoluto.
Lì dove l’afflato dei corpi sprigiona calore e piacere, lì dove la complicità dei sensi mescola gli odori e i brividi, lì dove ogni attimo sembra assorbire tutto il tempo e lo spazio del mondo lei aveva creduto albergasse l’amore. L’amore. Quello dell’anima, della vita, dei sogni, del pianto, del dolore, della fatica. Quello del bene e del male, della notte e del giorno, del rumore e del silenzio. Al di là della poesia, dell’euforia, della dolcezza. L’amore. Quello che accompagna nel sonno e torna alla veglia puntuale ogni mattina. Qualsiasi cosa accada. Oltre ogni bacio, oltre ogni sussurro, oltre ogni carezza. L’amore nella paura e nell’angoscia. L’amore nella confusione e nel tormento.
Ma non è una decisione, l’amore.
E non è la scossa delle eccitazioni.
Lei ha creduto, ha sperato. Forse ha voluto immaginarselo così l’amore. Avvolgente e stuzzicante. Frizzante, intrigante, coinvolgente. Sempre incandescente. Lei ha amato un’idea, forse. E ha cercato attenzioni, parole che avessero il suono della voluttà, prove di una smania sempre accesa e intensa. Conferme, ecco, conferme delle aspettative.
Gioco. Pretesa. Bisogno. Con dentro le insicurezze, l’egocentrismo, l’emotività fanciulla. Un terribile concentrato di slancio e illusione. Una tragicomica avventura dell’inganno. E una cocciuta crociata. Roba da personalità gonfia, come direbbe la signora Lia. Ha delle ragioni, l’amica Lia. Ma nelle personalità gonfie talvolta si annidano voragini affettive, superficialità pericolose, contorti percorsi di spirito.
Non solo colpe e arroganze, facili esaltazioni e amor proprio in fibrillazione perenne. Anche una semplicità spinosa, una sorta di irrequieta necessità di piccolissime ma incessanti manifestazioni di consenso, di gradimento, di lode. Idealizzare, sublimare. Insomma, si, questo attendeva. Un processo di totale dedizione e venerazione.
Ma un compagno che le è accanto soprattutto con il corpo, che ha scelto per quelle emozioni forti, che ha voluto sua vittima e suo carnefice nella delizia del groviglio a due piazze, è riuscito a vederla solo  come una donna, un’amante, l’altra metà della partita. Niente di così straordinariamente profondo da renderla insostituibile.
Adesso l’ingranaggio inceppato porta i dubbi, i rimorsi, i rimpianti, la rabbia. E traccia la ferita sciocca dell’orgoglio. Così brusca la scoperta da irrigidirle gli abbracci. Come se non fosse più tanto meravigliosa quell’intesa travolgente. Come se adesso fosse una violenza l’impellenza con la quale lui vuole continuare il divertimento antico. Come se fosse giunta l’ora di presentargli il conto, di chiedere di più, di urlare che lei è altro da quella bambola che stropicciava e si faceva stropicciare.
Troppo tardi, forse. E ci vuole il delicato pudore della verità. Bisogna chinare il capo, allontanarsi senza strepitare, volgere a quel che è stato un sorriso di chiusura, elegante e sereno. Perché non è stata preda della sua ferocia ma di un delirio. Suo o di entrambi, questo lo scriveranno domani nei loro ricordi.
Certo è curioso che su questo filo del sesso appagante, dell’estasi che sembrava nutrirli ad ogni sinuosa moina lei abbia dato un fatale, fermo colpo di forbice. Lui è sgomento. Troppe volte era bastato rinnovare una lusinga per conquistare i tuoi gemiti. Ma io la capisco, credo. Sente che è al capolinea, sono al capolinea. Lei e le sue frenetiche attese di amore.
Mi resta la speranza che lei possa non ingarbugliare più i pensieri nella spasmodica urgenza di essere messa su qualche piedistallo. 

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