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venerdì 18 gennaio 2013

Il cesto di vimini


Le mani che intrecciano e le gambe che fanno tavolo di lavoro. Lì, su una vecchia sedia impagliata, con la testa sotto il cappello e il sole che ti scalda. Case bianche e silenzio fino a quando arriva il carretto con le parole di una canzone che pure tuo padre cantava, nei campi. Porta la frutta e canta. Tu gli sorridi e riabbassi il capo sul cesto. Quando è ormai lontano torni a guardarlo, un puntino giù verso il fondo del paese dove le case, chissà perché, sono tutte di un giallino che a te fa pensare ai limoni. Quei limoni che quando i denti erano buoni mangiavi a morsi mentre tutti ti dicevano che potevano essere ancora aspri…
Per te la vita è quella magia che ti sfiora e non sai raccontare. Il profumo che esce fino in strada con le donne affaccendate in cucina. E le urla che ora si levano gioiose, tra le corse dei bambini, su alla piazzetta. Quella valle, quel cielo. E quel cesto finito che ti ha rotto le dita ma è bellissimo.

2 commenti:

  1. Nelle parole che proponi e nelle immagini che suggeriscono c'è un sapore d'altri tempi molto gradevole...

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