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lunedì 18 marzo 2013

Uva spina


Riempie i tuoi occhi, l’uva spina. Come un affresco rosicchiato dal tempo il cespuglio appena discosto dal muro di pietra fa capolino a pochi passi da te, in fondo allo stretto budello che sbuca nello slargo di case basse ammassate ai piedi della salita.
Nello strambo cono d’ombra che investe i gradini verso l’uscio della tua “tana”, così la chiami, ti siedi e la fissi, con lo sguardo che si fa fessura nello stordimento. Pare cuocersi, l’uva spina, al sole alto che fa brillare il pulviscolo sottile di quel groviglio di viuzze. Stringi tra le mani il bastone e ci appoggi il mento, con la giacca grigia che ricorda quando la indossavi a schiena dritta. E le ore scorrono uguali, per te e per l’uva spina. Fino a quando, nel gioco naturale del buio e della luce, riconosci la sagoma riflessa di un passo lento ma sicuro sotto la gonna che ondeggia piano. Ancora qualche istante e Caterina sarà vicina all’uva spina. 

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