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mercoledì 8 gennaio 2014

Il frutto proibito

Più del frutto, proibito era l’albero. Un albicocco piuttosto alto, a ridosso del muro che cinta una parte del giardino che, oltre il cortile, segue il perimetro della casa.
L’arrampicata era piuttosto facile, complici uno zoccolo di cemento e un tronco che accoglieva i primi rami a portata raggiungibile. Poi le fronde alte in parte appoggiate al muro erano perfette per accogliere l’idea di capanna che da bambina mi piaceva tanto. Piaceva anche agli altri bambini della casa, una costruzione grande ma non troppo costruita in epoca fascista con appartamenti spaziosi e luminosi, di quelli che non hanno i soffitti a premerti sulla testa e ti fanno camminare su splendidi mosaici di marmo.
Non era vietato servirsi dei frutti, quelli erano nostri. Era proibita la scalata, in teoria, ritenuta pericolosa per i bambini, tanto più che al di là della cinta c’era un’operosa falegnameria con connesse attrezzature e probabilità di incidenti. Ma era uno dei giochi preferiti e di fatto era diventato difficile impedircelo. Bastava che gli adulti fossero distanti o affaccendati in casa e in quattro rapide mosse l’albicocco era la capanna delle meraviglie. Il muro, piuttosto largo, era una felicissima sistemazione una volta giunti lassù e così potevamo intrattenerci qualche ora a un palmo dal cielo e alla frescura della cima.
Nel tempo ho avuto più volte l’impressione che qualche occhio sbirciasse da dietro le finestre ma non osasse rimproverarci o intimarci la discesa. Insomma il divieto era diventato solo un invito alla prudenza. Probabilmente anche i grandi ci avrebbero seguito volentieri in quel sogno di azzardo e rifugio e dunque avevano deposto le armi del severo controllo e del castigo.
Sull’albero c’erano più emozioni che frutti già a pochi giorni dall’inizio della stagione delle albicocche perché, ovviamente, la nostra merenda era abbondante e impoveriva i rami in un baleno. Secondo me era contento anche lui di tutti quei nipoti affettuosi e grati. Era più o meno la sua vita quella. E anche quando si spogliava un po’ e il freddo ci faceva sostare meno a giocare fuori un giro da lui lo facevamo sempre, a tenergli compagnia e, chissà, forse pure a tenercelo buono. Che i bambini sono spontanei e ingenui ma non difettano di una certa dose di arguzia, chiamiamola così.

E’ tutto ancora lì. La casa e il giardino sono rimasti quelli dell’infanzia. Mancano i bambini o, quando ci sono, non conoscono il piacere di quell’improvvisazione tra natura e fantasia. Probabilmente un albero di albicocche campeggerà al più in qualche loro  programma tv o su qualche applicazione web o sul display del telefonino.

2 commenti:

  1. Siamo forse l'ultima di generazione di bambini che si arrampicavano sugli alberi, in cerca di frutta o, più semplicemente, di libertà...

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