
Altro
che arricciare il naso davanti alla comicità. Bisogna levarsi il cappello, perché
la ‘leggerezza’ è il più grande veicolo di emozioni e riflessioni. Lì, come per
gioco, tra le risate, una trama intrigante e scenette piacevoli, ci sono i
sentimenti, i disagi, le speranze, i sogni.
E
infatti Confusi e felici è un film godibilissimo che riesce a divertire e
commuovere senza far leva su tragedie, pathos e dolore. Consegna la vita, la
verità, l’ironia. Lui, Bisio, è uno psicanalista che a causa di una
degenerazione rapida della vista si avvia alla cecità e incontra così la
depressione. Loro, tutti gli altri Bruno incluso, sono i pazienti che si
trasformano in amici e psicologi per stargli accanto.
La
realtà è che il mammone, lo spacciatore, la ninfomane, la coppia in crisi
sessuale, il cronista cornuto non vogliono perdere il loro punto di riferimento
ma, nel viaggio insieme, riescono a dare moltissimo. Le nevrosi, le crisi, i
problemi di tutti diventano un calderone di autentica condivisione, di
naturalezza, di normale esistenza. Alla fine Bisio, diventato cieco, ritroverà
la ‘vista’, quella dell’anima, proprio grazie a quei bizzarri compagni di
avventura. E loro pure guariranno. Finalmente liberi, o liberati da quella
felice combinazione di complicità, destino, buona volontà e affetto.
Bello,
Confusi e felici. Fresco e brillante ma sapientemente profondo. Tanto da farci
sognare tutti d’essere nell’allegra brigata di disperati e sbandati. Perché in
quella varia umanità c’è il calore e la spontaneità che talvolta perdiamo,
attorcigliati su noi stessi o emarginati dagli altri. Un film nel quale l’imbarazzo
del ‘diverso’ è sostituto dalla risorsa delle diversità. Che piccola, grande
meraviglia.
Bravo,
Bruno. Che pare divertirsi sul set e a dirigere. Con un po’ di piglio e un po’
di genuino candore.
Senza
effetti speciali eppure speciale. Confusi e felici, il buon cinema che non ha
bisogno di kolossal e insegna a vedere. Vedere davvero.
Ottimi
gli interpreti. Tutti.
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