Ho
letto Niente di J. Teller in una manciata di ore: un centinaio di pagine veloci
e roventi. Un romanzo talmente amaro che leva il fiato. Audace e inquietante.
“Non
c’è niente che abbia senso, è tanto tempo che lo so. Perciò non vale la pena
fare niente, lo vedo solo adesso”. Con questa convinzione Pierre Anthon lascia
la scuola e decide di appollaiarsi un albero di susine dal qual tira frutti ai
compagni di classe, la 7A della scuola di Taering, irridendoli e urlando il suo
disprezzo per i loro affanni e le loro certezze.
“E’
tutto inutile! Perché tutto comincia solo per finire. Nel momento in cui siete
nati avete cominciato a morire. Ed è così per tutto.”
Allora
comincia un’avventura macabra e agghiacciante.
I
compagni di Pierre Anthon vogliono dimostrargli che sbaglia e provargli quindi
che c’è qualcosa che ha un senso. L’idea migliore che riescono a concepire è
quella di realizzare una “catasta del significato”. A tal fine occorre
raccogliere cose per loro importanti…A ciascuno è chiesto di sacrificare, con l’intransigenza
e la crudele innocenza dell’adolescenza, la cosa cui tiene di più: la canna da
pesca di Sebastian, il pallone da football di Richard, i sandali verdi di
Agnes, il Dannerbrog –la bandiera nazionale danese- di Frederik. E, via via, il
certificato di adozione della coreana Anna-Li e le stampelle di Ingrid. Poi, in
un crescendo di orrore e ferocia, la catasta si arricchisce della bara,
disseppellita di notte dal cimitero di Taering, del fratellino di Elise morto
due anni prima, dei capelli di Rikke-Ursula raccolti in sei splendide trecce
blu, del tappeto da preghiera di Hussain, della verginità di Sofie, del
crocefisso della chiesa, della testa del cane Cenerentola. Fino all’indice
della mano destra di Jan-Johan, quello che suonava la chitarra e cantava le
canzoni dei Beatles.
Quel
che accadde dopo, a catasta ultimata, fu – se possibile – ancora più orribile
della catasta stessa. Scoperti dagli adulti, genitori, insegnanti e polizia, i
ragazzi della 7° subiscono qualche castigo ma soprattutto finiscono in pasto ai
media di mezzo mondo e al giudizio di tutti: per alcuni sono una banda di
mocciosi da riformatorio, per altri artisti alla ricerca del senso della vita.
Sembrano
vincere i secondi quando un famoso museo di New York offre tre milioni e mezzo
di dollari per la catasta del significato. Ma nei ragazzi della 7° si insinua,
forte, il dubbio…Forse Pierre Anthon ha ragione. Pierre Anthon, quello che si
rifiuta di andare a vedere la catasta eretta per lui: “se il vostro mucchio di
merda avesse un significato non l’avreste
venduto!”.
Sofie,
terribilmente provata da quell’esperienza, crolla definitivamente sotto il
disperato dolore della consapevolezza e del terrore: vendendola avevano tolto
ogni senso alla catasta…se mai l’aveva avuto!
Il
finale, violento e tragico, culmina in un incendio che riduce in cenere la
catasta e Pierre Anthon. Al funerale di Pierre Anthon i compagni piangono perché
“hanno perduto qualcosa e trovato qualcos’altro. E perché è doloroso sia
perdere sia trovare”. E tutti conservano in un contenitore un po’ di quella
sostanza grigiastra che è tutto ciò che rimane della catasta e quindi del “loro
significato”.
Una
storia angosciante sull’adolescenza che, a caccia del senso della vita, porta
in scena paura, coraggio, fragilità, brutalità. Janne Teller lancia la sfida,
affonda la lama, travolge il lettore. D’altra parte il difficile cammino nella
realtà e nella verità è un campo minato…
Forse,
per quanto raccapricciante sia il racconto, può insegnare agli adulti che
dovrebbero mantenere o ritrovare un po’ di quel commovente, urgente, assoluto
bisogno di capire e agire dell’adolescenza. E che i ragazzi non vanno lasciati soli
nel campo minato.
Niente,
Janne Teller, Feltrinelli editore.
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