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giovedì 3 maggio 2012

NIENTE di J. Teller


Ho letto Niente di J. Teller in una manciata di ore: un centinaio di pagine veloci e roventi. Un romanzo talmente amaro che leva il fiato. Audace e inquietante.
“Non c’è niente che abbia senso, è tanto tempo che lo so. Perciò non vale la pena fare niente, lo vedo solo adesso”. Con questa convinzione Pierre Anthon lascia la scuola e decide di appollaiarsi un albero di susine dal qual tira frutti ai compagni di classe, la 7A della scuola di Taering, irridendoli e urlando il suo disprezzo per i loro affanni e le loro certezze.
“E’ tutto inutile! Perché tutto comincia solo per finire. Nel momento in cui siete nati avete cominciato a morire. Ed è così per tutto.”
Allora comincia un’avventura macabra e agghiacciante.
I compagni di Pierre Anthon vogliono dimostrargli che sbaglia e provargli quindi che c’è qualcosa che ha un senso. L’idea migliore che riescono a concepire è quella di realizzare una “catasta del significato”. A tal fine occorre raccogliere cose per loro importanti…A ciascuno è chiesto di sacrificare, con l’intransigenza e la crudele innocenza dell’adolescenza, la cosa cui tiene di più: la canna da pesca di Sebastian, il pallone da football di Richard, i sandali verdi di Agnes, il Dannerbrog –la bandiera nazionale danese- di Frederik. E, via via, il certificato di adozione della coreana Anna-Li e le stampelle di Ingrid. Poi, in un crescendo di orrore e ferocia, la catasta si arricchisce della bara, disseppellita di notte dal cimitero di Taering, del fratellino di Elise morto due anni prima, dei capelli di Rikke-Ursula raccolti in sei splendide trecce blu, del tappeto da preghiera di Hussain, della verginità di Sofie, del crocefisso della chiesa, della testa del cane Cenerentola. Fino all’indice della mano destra di Jan-Johan, quello che suonava la chitarra e cantava le canzoni dei Beatles.
Quel che accadde dopo, a catasta ultimata, fu – se possibile – ancora più orribile della catasta stessa. Scoperti dagli adulti, genitori, insegnanti e polizia, i ragazzi della 7° subiscono qualche castigo ma soprattutto finiscono in pasto ai media di mezzo mondo e al giudizio di tutti: per alcuni sono una banda di mocciosi da riformatorio, per altri artisti alla ricerca del senso della vita.
Sembrano vincere i secondi quando un famoso museo di New York offre tre milioni e mezzo di dollari per la catasta del significato. Ma nei ragazzi della 7° si insinua, forte, il dubbio…Forse Pierre Anthon ha ragione. Pierre Anthon, quello che si rifiuta di andare a vedere la catasta eretta per lui: “se il vostro mucchio di merda  avesse un significato non l’avreste venduto!”.
Sofie, terribilmente provata da quell’esperienza, crolla definitivamente sotto il disperato dolore della consapevolezza e del terrore: vendendola avevano tolto ogni senso alla catasta…se mai l’aveva avuto!
Il finale, violento e tragico, culmina in un incendio che riduce in cenere la catasta e Pierre Anthon. Al funerale di Pierre Anthon i compagni piangono perché “hanno perduto qualcosa e trovato qualcos’altro. E perché è doloroso sia perdere sia trovare”. E tutti conservano in un contenitore un po’ di quella sostanza grigiastra che è tutto ciò che rimane della catasta e quindi del “loro significato”.
Una storia angosciante sull’adolescenza che, a caccia del senso della vita, porta in scena paura, coraggio, fragilità, brutalità. Janne Teller lancia la sfida, affonda la lama, travolge il lettore. D’altra parte il difficile cammino nella realtà e nella verità è un campo minato…
Forse, per quanto raccapricciante sia il racconto, può insegnare agli adulti che dovrebbero mantenere o ritrovare un po’ di quel commovente, urgente, assoluto bisogno di capire e agire dell’adolescenza. E che i ragazzi non vanno lasciati soli nel campo minato.
Niente, Janne Teller, Feltrinelli editore.

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