Pagine

martedì 29 maggio 2012

Uno schianto


Chissà se sei affogata in un bicchiere. O ti sei persa dentro qualcosa che ti faceva sentire forte. O se la sorte ha voluto per te quel macabro finale.
Tra le lamiere contorte e il fumo a stento usciva la sagoma di quello che eri. E un silenzio agghiacciante inghiottiva le ultime parole della tua vita. Forse hai pianto, urlato, riso prima di quello schianto. Hai visto, hai capito, hai avuto paura…O magari hai varcato la soglia senza neanche vederla.
Tutti i perché sono sospesi. Stringono la gola, premono sulle tempie. E attendono risposte. Come se ancora avessero un senso. Come se a trovarle tu potessi restare qui e non nella memoria. Ma assale anche, angoscioso, il timore atroce di non aver fermato quella corsa. Di non aver letto negli occhi che spalancavi sempre troppo su tutto un’ansia allarmante, una voglia smodata di sbranare il tempo, una frenesia dei pensieri che ti spingeva oltre ogni confine.
Una notte più buia di ogni immaginazione. Una notte che hai sfidato da sola. Lontana da ogni luogo che ti appartenesse. Il cellulare trillava ancora ma tu non lo sentivi più. Hai sbagliato strada, può darsi. O scappavi. Da qualcuno, da te stessa, dalla noia travolgente di un’altra serata di niente. Così avevi scritto poche ore prima in un messaggio a qualcuno che ti chiedeva cosa stavi facendo: niente. E il niente era trascorso con amici e musica, tra un divanetto e una pista da ballo.
Il trucco che cola sul volto di una ragazza che arriva in ospedale ha dentro tutto lo sgomento di chi era sprofondato nello stesso niente. Le mani tremano, le gambe non reggono, le parole sono ferocemente appiccicate una all’altra in un’irriverente beffa alla tragedia. Ci siamo divertite, si ostina a ripetere…Ma il divertimento ha bruciato una storia, un respiro. E quando il tuo cuore si ferma lei scivola lungo il muro e si accascia come un sacco svuotato, uno straccio che cade scomposto e attorcigliato in una posa bislacca.
L’atmosfera è carica di un dolore e di un languore desolanti. Lo strazio paralizza.
E’ come raccogliere cocci che non si possono più incollare. O non avere neanche voglia di cercare le mille schegge volate chissà dove. Rotolate via in una manciata di secondi, disperse nell’agonia di un lembo di cielo troppo nero.
Ci sono partenze senza ritorno. E viaggi malati del corpo e della mente senza freni e senza strade. Il delirio dell’esistenza o l’esistenza in delirio.
L’eco dello schianto arriva a chi non si era accorto che tu non ci fossi già più. Come una freccia lanciata nel mucchio. Come un furioso contraccolpo che dilata e propaga l’orrore. E tutte le schegge cadono come coriandoli addosso a tutti, tra lacrime isteriche e labbra mute e sgomente, beffa oscena e tragica a quella baldoria violentemente interrotta.

Nessun commento:

Posta un commento