Dopo
gli insulti e i sorpassi, in una notte sbandata.
Uno
slalom tra la grinta e il sonno nel diluvio di gesti scomposti: schegge di testosterone
e fumi di frenesia negli sguardi feroci e provocanti. L’ultimo approdo prima
dell’alba, per il buco della fame chimica, per un rituale da consumare, per un
sabato sera da dilatare fino a sfiancarsi.
L’area
di servizio non è una sosta ma una meta. Un bancone sul quale posare ancora
qualche minuto di respiri e risate, con gli occhi piccoli e liquidi. Scendono
dalla macchina con la sfida ancora nei nervi ma già si insinua un desiderio
bizzarro. E proprio a quel bancone si avvicinano entrambi, separati e confusi
tra gli amici e qualche voce troppo alta che barcolla sulle gambe. Finiscono
distanti ma non smettono di penetrarsi di sguardi furtivi e di sorrisi che
preludono a sogni, bisogni, urgenze.
Evapora
la rabbia del volante e si gonfiano le tensioni del corpo mentre l’ora e
l’occasione martellano ambiguamente. Sta per chiudersi la parentesi. Ma lì c’è
una forza che vuole tenerla aperta. Non c’è tempo, non c’è modo.
Così
li sorprende la signora Lia. Morbidi e languidi dopo la corsa sgarbata. Galeotto
l’autogrill. E l’atmosfera sbilenca di una dimensione non lucida, di sensi
accesi da una libertà artificiale e di ansie che affogano in un impulso di
dolcezza eccitata.
Vede
mani che vorrebbero raggiungersi mentre filtra la luce ed è momento di muoversi,
di seguire i passi degli altri, di riprendere la via, di separarsi. Separarsi
prima di essersi uniti. Con in testa ancora quei minuti convulsi alla guida e
l’orrore di essersi odiati e non amati.
Si
chiede cosa succederà, la signora Lia. Se troveranno una manciata di secondi e
coraggio per strapparsi una parola, una promessa, un arrivederci. Se gli
istinti si spegneranno. Se porteranno dentro un ricordo, un rimpianto,
un’illusione di futuro.
Vorrebbe
fermarli, inventare lì per lì qualcosa che assomigli alla sorte della
conoscenza. Incastrarli in quel guizzo di vita e storia che ha intrecciato i
loro percorsi. Capire se è solo un’alterazione incandescente di una notte
forsennata o se è l’unica virgola rosa che vale la pena di salvare
nell’autogrill di un sabato che ogni settimana scivola ebbro nella domenica e
non lascia che un vuoto che morde l’anima.
Ma
prendono già l’uscita, è troppo tardi, la scena è già sbiadita. O almeno crede.
Fino
a quando esce anche lei. Le loro macchine sono ancora lì e sono proprio i suoi
fari a bucare l’intimità del bolide di lui e a puntare dritto sulla verità di
un groviglio di passione e affanno. Ma sente una lama nel petto la signora Lia.
Non è la romantica magia che voleva. E stranamente solo in quel lampo
abbagliante le pare di vedere bene i volti sfatti, contratti in una smorfia di
occhi che guardano senza vedere, di battiti che camminano senza sentire la
vita. Stanno bruciando la parentesi. Forse come tante altre parentesi, pensa la
signora Lia. In una delle tante notti che naufragano in un autogrill.
Era
la sua fantasia che aveva colto emozioni in quei fremiti da bancone.
La realtà era quella di prima, nei piedi premuti
sull’acceleratore, nella svolta brusca, nelle urla agitate, nei segni eccessivi
e sfacciati del furore.
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