Se
Rosa candida ci avesse consegnato il lieto fine classico sarebbe stata una
fiaba, in stile e romanticismo. Gli orizzonti aperti e incerti invece
movimentano le prospettive, gettano ombre qua e là, lasciano quasi una
malinconica suspence.
Il
tema non è dei più leggeri e facili: la genitorialità, le complicate sfumature
tra passione e amore, il tortuoso rapporto tra la propria identità e il ruolo
materno e paterno. E, d’altra parte, è anche quello più fertile per le fantasie
narrative e sentimentali. Così Andur Ava Olafsdòttir scrive una storia più
grande della vita dei protagonisti: quella dei profumi, della natura, dei
sogni, dei desideri. Della magia degli istanti.
Lobbi,
lasciata l’Islanda per andare a prendersi cura di un leggendario roseto in un
monastero del nord Europa, ci conduce in un viaggio di piccole e grandi
meraviglie. E proprio nell’incantevole atmosfera dei fiori e della sua
dedizione Lobbi affronterà la vera avventura dell’esistenza: scoprire Anna e
Flora Sol, la figlia di sette mesi avuta da Anna dopo solo “un quinto di
notte”.
Mentre
Lobbi trova la strada sarà Anna però a rivelare fragilità, ad avere bisogno di
uno spazio e di un tempo per trovare la sua…
Sullo
sfondo il papà di Lobbi, Josef il fratello gemello autistico, padre Thomas il
saggio monaco cinofilo, sono i riferimenti essenziali di una trama dolcemente
intensa. Pagine delicate quelle di Rosa candida.
Audur Ava Olafdottir, Rosa candida,
Einaudi.
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