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giovedì 12 luglio 2012

Rosa candida


Se Rosa candida ci avesse consegnato il lieto fine classico sarebbe stata una fiaba, in stile e romanticismo. Gli orizzonti aperti e incerti invece movimentano le prospettive, gettano ombre qua e là, lasciano quasi una malinconica suspence.
Il tema non è dei più leggeri e facili: la genitorialità, le complicate sfumature tra passione e amore, il tortuoso rapporto tra la propria identità e il ruolo materno e paterno. E, d’altra parte, è anche quello più fertile per le fantasie narrative e sentimentali. Così Andur Ava Olafsdòttir scrive una storia più grande della vita dei protagonisti: quella dei profumi, della natura, dei sogni, dei desideri. Della magia degli istanti.
Lobbi, lasciata l’Islanda per andare a prendersi cura di un leggendario roseto in un monastero del nord Europa, ci conduce in un viaggio di piccole e grandi meraviglie. E proprio nell’incantevole atmosfera dei fiori e della sua dedizione Lobbi affronterà la vera avventura dell’esistenza: scoprire Anna e Flora Sol, la figlia di sette mesi avuta da Anna dopo solo “un quinto di notte”.
Mentre Lobbi trova la strada sarà Anna però a rivelare fragilità, ad avere bisogno di uno spazio e di un tempo per trovare la sua…
Sullo sfondo il papà di Lobbi, Josef il fratello gemello autistico, padre Thomas il saggio monaco cinofilo, sono i riferimenti essenziali di una trama dolcemente intensa. Pagine delicate quelle di Rosa candida.
Audur Ava Olafdottir, Rosa candida, Einaudi.

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