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giovedì 14 marzo 2013

Craco, il paese fantasma


Un set cinematografico, la vecchia stampa di un libro di storia, un quadro surreale.
E, soprattutto, un enorme viaggio della fantasia. Perché a Craco (MT) non puoi fare altro che immaginare, pensare, cercare. Il tempo è sospeso, nel silenzio della pietra e nell’odore schietto dell’aria. Sotto il cielo Craco è la memoria di un passato stravolto dalla furia impietosa della natura e della improvvida mano dell’uomo. Ma è anche un teatro della terra e della vita. Interamente evacuato negli anni ’60 Craco, il paese fantasma, è un vuoto da colmare nel gioco stimolante degli spunti.
Attraverso il panorama dei calanchi il complesso arroccato sulla collina ha qualcosa di spettrale e di seducente insieme. E’ impressionante l’impatto e lo è ancor più addentrarsi con la guida (e l’elmetto per motivi di sicurezza) nelle vie e negli anfratti del passato, quasi a frugare nel vissuto di quelle case su e giù per il tortuoso cammino di scale e strettoie. Più dei dettagli mi colpiscono l’atmosfera di quella realtà desolata e monumentale, la spiritualità di quella solitudine, le luci e le ombre che proiettano sagome ovunque.
Rammento le scene di qualche film girato lì, come La lupa di Lattuada, Cristo si è fermato a Eboli di Rosi, La passione di Cristo di Gibson, Basilicata coast to coast di Papaleo. Ecco, è facile qui scivolare nel cinema, dal mistero al pathos, dall’avventura al dolore, dal sentimento alla celebrazione. E’ il portento di quello che evoca un luogo vivo eppure deserto, è il niente che si fa tutto, è l’eternità.
Il richiamo di Craco è fortissimo. Mette i brividi ma ti accoglie poi, con una rigorosa grazia di architetture, in un abbraccio caldo. D’altra parte è ancor ben leggibile il valore artistico e culturale di Craco. E la curiosità che suscita lo spaccato storico è davvero enorme. Senti ancora gli aliti degli uomini e delle donne, le loro voci, i riti di ogni giorno. Sono lì, nelle crepe, negli squarci, sotto i tetti, nelle pieghe curiose delle vie.

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