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giovedì 28 novembre 2013

Egregio Bernardo Caprotti,

Ha annunciato in questi giorni il pensionamento da Esselunga, la sua felice creatura: a 88 anni, dopo 66 di lavoro, godrà di un meritato riposo. A leggere la sua storia di imprenditore vengono i brividi, per lungimiranza, capacità e tenacia. Ancor più se considero che ai veleni della burocrazia e della pressione fiscale per la gestione di una grande azienda che vanta più di 20.000 dipendenti si sono aggiunti, da quel che ho letto sui giornali, quelli familiari. I soldi portano sempre parecchi dolori, purtroppo.
Non la conosco, mai la conoscerò e un po’ mi dispiace.
Mi sono fatta l’idea Lei sia uno di quegli imprenditori che considero appartenenti a una razza in via d’estinzione. Non me ne vogliano gli altri, ovviamente non mi riferisco ai tanti piccoli e medi che lottano con passione ogni giorno e che meriterebbero un encomio già solo per la resistenza. Penso a quelli grandi, inghiottiti dalla finanza più che seriamente impegnati nell’economia reale. Credo che Lei ne abbia fatto una questione di dignità, di buona ambizione, di sana intraprendenza e di profonda, convinta dedizione.
Deve aver guadagnato parecchio a giudicare dal fiorente fatturato, dalla continua espansione e dagli enormi lasciti (non solo a figli o collaboratori ma anche a sostegno di cause civili) e questa è la ricchezza della quale ritengo si possa essere fieri. Siamo tristemente abituati a un Paese e a una cultura che non ha nel costume il sacrificio, il merito, l’ingegno, la responsabilità. Chi serve la propria azienda per 66 anni può vantare qualche diritto al benessere, a parer mio. Mi piace scriverlo, mi piace dedicarle questa riflessione. Anche solo perché riaccende qualche luce di speranza nel buio che stiamo attraversando.
E’ vero, Lei è di un’altra generazione, quella che teneva ancora in testa una serie di principi e valori che sono andati via via evaporando in quelle successive. Ma può restare un esempio, magari anche nel piglio asciutto e risoluto, nella coerenza spesa con la fatica, nella forza di tenere alta la bandiera della sua missione. Si, fare impresa in Italia è come abbracciare una difficile missione.
Le auguro una vecchiaia serena, sig. Bernardo Caprotti. E mi auguro che il suo nome segni una possibilità, mostri sempre da che parte e come devono arrivare i quattrini, svegli un po’ di considerazione nell’importanza di tenere in vita l’economia, quella vera.
Complimenti, per Esselunga e per il suo vigore.

Cordialmente

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