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sabato 10 maggio 2014

In jeans e maglietta

Era cresciuta nella ragnatela dell’eleganza d’abito e belletto, Annette.
Due donne, nonna e mamma, impeccabili nella cura delle forme con cui affacciarsi al mondo. Non che facessero parte della raffinata società dei salotti. Ne stavano, se mai, ai margini. In quella zona grigia che non vive la vera borgata e che tiene pronto il passo per oltrepassare il sottile confine. Un confine che poi la vita sembra rendere impermeabile a qualsiasi tentativo. Una di quelle condizioni che Annette, negli anni, ribattezzò di corridoio cieco.
Fiocchi di raso tra i capelli, scarpine di vernice e preziosi abiti tagliati e cuciti dalle provette mani di mamma e nonna facevano di Annette una bambola. Bella, che la natura già era stata generosa, ordinata e di buon guardaroba. Si permettevano quel lusso gestendo con rigore le poche risorse. Era essenziale, le ripetevano.
Ad Annette non dispiaceva la figura che le rimandava lo specchio. Eppure qualcosa di stonato le arrivava nei passi e nei gesti. Non si sentiva mai disinvolta, leggera, libera. Prima temeva di sporcarsi, poi di essere impacciata nei movimenti, poi di passare per superba o illusa. Era fuori posto, Annette. O almeno così prese a credere, tra amiche e amici che potevano rotolarsi nell’erba, sedersi su un muretto, tirare calci a una palla. Non si trovò meglio neanche nel tempo delle passeggiate al mare o delle serate da ballo. Intorno a lei erano tutti più semplici, sciolti. Giovani, le veniva da dire. Lei in confronto iniziava a vedersi come una signora in posa davanti alla macchina fotografica.
Ben presto le fu chiaro che non si trattasse solo di una sensazione di mancata gioventù.
Quello che l’eleganza le rubava era anche più della comodità o della semplicità. Perfino più dell’audacia con la quale ragazze e ragazzi della sua età interpretavano i più moderni costumi.
Stava negando o perdendo la verità. Come prima di lei avevano fatto la mamma e la nonna. Non c’era guardaroba che le potesse regalare una vita serena e sincera se non avesse fatto pace con le aspettative, con la realtà, con la natura. E, d’altra parte, Annette non vedeva granché che le mancasse in quei margini, se le due donne impeccabili non si fossero fatte un cruccio del dannato confine.
Annette voleva bene alla mamma e alla nonna ma sapeva che avrebbe dovuto trovare la
sua strada per dare un senso ai suoi giorni, per trovare gioia nelle compagnie che aveva, per esprimersi per quello che il suo cuore desiderava. Doveva forzare le regole, andarsi a prendere tutto quello che non aveva goduto, indossare qualche straccio che le consentisse di correre, sciogliere i capelli e lasciare che il vento facesse la sua parte.
Sarebbe costato qualche pena per loro ma non poteva evitarlo.

Quando sorprese la mamma sorridere dalla finestra mentre lei si allontanava in jeans e maglietta capì che il bene merita un atto di ribellione. Forse solo così anche la mamma, attraverso lei, aveva spezzato finalmente le catene.
(Liberamente ispirato da...Annette)

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