
In
realtà il film le ha generosamente ripagate. Forse troppo. E lo dico perché mi
ha sfondato di amarezza. Sì, ha schiaffeggiato anche me che non mi sento
proprio il modello di italiano da schiaffeggiare. Ma tant’è.
Il
Duce torna e ci trova con qualche extracomunitario in più, qualche chef in più,
qualche cellulare in più, qualche selfie in più, ma letteralmente sprofondati
in un individualismo avvilente, nel disastro politico, nel vuoto culturale. Il costume
per cui si mostra inorridito è in verità un andazzo che non ha neanche più il
peso e il senso, del costume.
E
ci conosce. Ci conosce benissimo, lui, Benito Mussolini. Niente lo spaventa. Neanche
la tv e le logiche dell’informazione: la comunicazione all’italiana non è un
segreto per chi l’ha tanto cavalcata. Non aveva messo in conto un partigiano
come Presidente ma canta Sono un italiano, un italiano vero…ben sapendo quali
corde toccare. Del resto intorno non ci sono che risate, ignoranza cosmica o
manipolatori pronti a farne share. Mica può essere davvero il Duce, è solo un
attore, un comico! Pare quasi che stia a tutti bene così.
A
tutti tranne a un’ebrea scampata a un massacro, malata di Alzheimer ma
improvvisamente lucidissima davanti allo sguardo di un dittatore impenitente.
Un
brivido dopo l’altro lungo un’Italia piegata su se stessa. Un’Italia che lo
ascolta, interagisce, acclama. Forse rimpiange. L’uomo forte è sempre quello
che ci leva l’impegno, la responsabilità, la noia di essere, di pensare, di
scegliere.
Poi
chissenefrega, del magna magna. Basta che ci facciano campare…
Non
abbiamo un problema di memoria, abbiamo un problema di identità, di
personalità, di coscienza. Sono Tornato ci sbatte in faccia tutto. Decenni su
decenni di deriva. Luca Miniero abbraccia il timbro forte, con ironia ma senza
sconti. Alla fine infatti esci a capo chino riflettendo sui sussulti mancati,
sulle direzioni mai prese, sulle miserie tollerate.
Non
c’è caricatura, c’è una lama che affonda nelle ferite già aperte. Lui è tornato
è noi neanche ci sentiamo offesi, turbati o insultati dalla sua veemente
violenza. Al massimo un po’ di indignazione se uccide un cagnolino.
Ci
rassegniamo a essere il Paese del fascismo perpetuo?
Il
cast sembra essere nato con i ruoli nel sangue ma Massimo Popolizio svetta, sublime.
Quasi impressionante, la sua interpretazione. Anche questo, dal grande schermo,
tramortisce.
Un
grande film. Non mi riesce definirlo ‘bello’ perché la foto ci ritrae proprio
brutti. Credo che Miniero abbia colto nel segno girando il film nella formula
del documentario on the road e che, ancora una volta, sotto il sorriso abbia
lanciato una bomba.