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lunedì 5 febbraio 2018

Sono Tornato di Luca Miniero

L’ho atteso, Sono Tornato di Luca Miniero. Insomma sono arrivata al cinema con ‘delle aspettative’, cosa che può preludere alle delusioni.
In realtà il film le ha generosamente ripagate. Forse troppo. E lo dico perché mi ha sfondato di amarezza. Sì, ha schiaffeggiato anche me che non mi sento proprio il modello di italiano da schiaffeggiare. Ma tant’è.
Il Duce torna e ci trova con qualche extracomunitario in più, qualche chef in più, qualche cellulare in più, qualche selfie in più, ma letteralmente sprofondati in un individualismo avvilente, nel disastro politico, nel vuoto culturale. Il costume per cui si mostra inorridito è in verità un andazzo che non ha neanche più il peso e il senso, del costume.
E ci conosce. Ci conosce benissimo, lui, Benito Mussolini. Niente lo spaventa. Neanche la tv e le logiche dell’informazione: la comunicazione all’italiana non è un segreto per chi l’ha tanto cavalcata. Non aveva messo in conto un partigiano come Presidente ma canta Sono un italiano, un italiano vero…ben sapendo quali corde toccare. Del resto intorno non ci sono che risate, ignoranza cosmica o manipolatori pronti a farne share. Mica può essere davvero il Duce, è solo un attore, un comico! Pare quasi che stia a tutti bene così.
A tutti tranne a un’ebrea scampata a un massacro, malata di Alzheimer ma improvvisamente lucidissima davanti allo sguardo di un dittatore impenitente.

Un brivido dopo l’altro lungo un’Italia piegata su se stessa. Un’Italia che lo ascolta, interagisce, acclama. Forse rimpiange. L’uomo forte è sempre quello che ci leva l’impegno, la responsabilità, la noia di essere, di pensare, di scegliere.
Poi chissenefrega, del magna magna. Basta che ci facciano campare…
Non abbiamo un problema di memoria, abbiamo un problema di identità, di personalità, di coscienza. Sono Tornato ci sbatte in faccia tutto. Decenni su decenni di deriva. Luca Miniero abbraccia il timbro forte, con ironia ma senza sconti. Alla fine infatti esci a capo chino riflettendo sui sussulti mancati, sulle direzioni mai prese, sulle miserie tollerate.
Non c’è caricatura, c’è una lama che affonda nelle ferite già aperte. Lui è tornato è noi neanche ci sentiamo offesi, turbati o insultati dalla sua veemente violenza. Al massimo un po’ di indignazione se uccide un cagnolino.

Ci rassegniamo a essere il Paese del fascismo perpetuo?

Il cast sembra essere nato con i ruoli nel sangue ma Massimo Popolizio svetta, sublime. Quasi impressionante, la sua interpretazione. Anche questo, dal grande schermo, tramortisce.

Un grande film. Non mi riesce definirlo ‘bello’ perché la foto ci ritrae proprio brutti. Credo che Miniero abbia colto nel segno girando il film nella formula del documentario on the road e che, ancora una volta, sotto il sorriso abbia lanciato una bomba.

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