Il
seno florido di una volta raggomitolato sul ventre, nella veste nera dei lutti,
sotto la ragnatela della vita e gli occhi umidi che frugano nella memoria. Le
dita scricchiolano e la pelle, ruvida, increspa il vecchio velluto ormai liso.
Il
passato è il cespuglio dei tuoi secchi capelli bianchi. Intorno le luci e le
cose che sembrano il grembo che ti ha cullata e cresciuta.
Con
la tua favella saggia e lenta, con i tuoi gesti morbidi e silenziosi, con la
tua pazienza assorta e gentile anche la desolazione lancinante dell’attesa è
grazia.
Si
scorge, pur nel corpo curvo e nel vago vigore dei sensi, un contegno che
ammalia.
E
quei patimenti, l’inesorabile fatica della povertà, il bruciore delle ansie
sono stati e sempre saranno frustate d’amore. Perché quello hai voluto che
fosse, hai pensato che fosse, hai accettato che fosse. Il fagotto da portare
sulle spalle per aver avuto e aver dato la vita.
Immagine di Anselm Feurbach, Norton Simon Museum.
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