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lunedì 5 novembre 2012

L'orrore della testa


Spappolata sotto un macigno che nessuno vede. E un egoismo abnorme, agghiacciante. Tu non senti che la tua voce. O le tue voci. Non conosci che il tuo bisogno e non puoi avere pietà che di te stesso. Dilaniato, afflitto, infelice.
Eppure si leva forte, come un macabro scherzo, la superbia. Come un guizzo nervoso, una sfida da bambini, un contorsionismo dell’ego.
Faccia da schiaffi, allora.
E dopo la bufera. Quella dell’angoscia, per un pentimento fasullo e appiccicaticcio. Noiosamente sterile e stonato. Perché invochi il perdono, appunto, per puro egoismo. Per levarti dal groppone in un baleno il peso della tua arroganza, della tua perfidia, della tua insolente indifferenza. Non ti interessano affatto le emozioni di chi è costretto a ripeterlo mille volte, quel grottesco perdono. Non ti riguarda come sta, cosa gli fai vivere, quanto stordimento e quanta ansia e quanto dolore e quanta disperazione abbia nel cuore.
Pazienza, bisogna avere pazienza.
Ma, soprattutto, bisogna sapere che non serve.
Tutto si ripete, tragicamente immutabile.

4 commenti:

  1. che poi sono discorsi che vengono fatti dopo...
    quando (si spera forse) è troppo tardi.

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  2. Eh si........;)
    Ciao sqwerez...vengo a conoscerti !

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  3. Altro che perdono, quel tizio merita la pena di morte :-)

    Ciao Irene, buona giornata, a presto

    dragor (journal intime)

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