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mercoledì 3 aprile 2013

Il ghostwriter tra carta e web


Novara o il centro esatto del mondo, poco importa. Il ghostwriter viaggia e vive nel luogo mentale dell’autore o meglio in quello della sua storia. Che scriva un romanzo, faccia il ghostblogger o produca testi per il web, il ghost è senza fissa dimora. Dimensione peraltro perfetta per un ghost. Puro spirito che produce parole, studia, raccoglie, narra. E, naturalmente, sta incollato alla tastiera.
Qualche volta, come me, fa pure qualche comparsa, lancia segnali di fumo. Non è solo per battere un colpo di presenza e attrarre “clienti”, è anche elaborazione delle esperienze. Insomma digita qualche riflessione sul proprio lavoro, per diletto o per turbamento…
Talvolta, alle prese con gli elementi sottotestuali e il pubblico di riferimento, mi piace
una sosta di sorrisi e respiri mentre lascio fluire tra i pensieri di scrittura i grandi richiami di fondo e le sfumature evocative del giusto paesaggio emotivo.
Magari oggi è pure l’ebbrezza della sfida. Sono in uno di quei contesti di comunicazione che sparano addosso una raffica di fuochi d’artificio!
Non è come quella volta che dovevo essere la bottiglia per un naufrago e neanche come quando ho fatto la freccia di un arco. E’ un’altra pagina, questa volta sono un aquilone, che scappa dalle mani e fa piroette nel cielo.

2 commenti:

  1. Secondo me è quasi impossibile essere davvero the ghost in the machine. La personalità di chi scrive - anche per altri - lotta sempre per emergere alla luce. Vuole far saltare la serratura che la rinchiude e dunque forza le parole, le frasi, persino la punteggiatura. Possibile tenerla sempre a bada?
    Non so se sarei capace di scrivere per altri, però ammiro chi lo fa.

    Ciao Irene.
    P.

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  2. Si, lo "sporco mestiere" è accettare (e possibilmente vincere) la sfida...quella del confronto con la storia e le parole in un gioco al cesello su percorsi da equilibrista.
    Non tieni sempre a bada la personalità, è la personalità che tiene in mano le redini della "professionalità"...
    Talvolta è durissimo, bisogna ammetterlo. Ma educa. Ovviamente entro certi limiti, oltre esiste il rifiuto come unica scelta possibile e saggia.
    Grazie, sono riflessioni utili
    Ciaoooo!

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