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mercoledì 9 ottobre 2013

Un pezzo di Basilicata sott'acqua...

…sta tirando fuori la testa da sola.
Il silenzio dell’informazione nazionale spacca i timpani. Perché la pioggia può essere spietata ma l’Italia intera non dovrebbe.
Siamo abituati all’emergenza che rimbalza su tv e giornali, talvolta perfino amplificata per un curioso gusto di cronaca della catastrofe. Ma questa volta la calamità sembra sfuggita alle attenzioni generali, passata in sordina, quasi censurata.
Forse la terra di Basilicata non grida abbastanza, si rimbocca paziente le maniche, conosce la legge della natura e della rassegnazione e non crea mai troppe preoccupazioni. O forse c’è un’indifferenza che, ingrata, si consegna proprio a chi è già sotto un cielo non proprio pieno di stelle.
E’ l’orribile logica della forza, temo. Quella che è facile avere ed esercitare su chi non tira fuori i muscoli.
Non ci sono risorse nella nostra Italia in crisi, neanche quando il caso si accanisce. Ogni
comunità è chiamata a cavarsela, come può. A questo possiamo, o almeno dobbiamo, adeguarci. Ma non possiamo arrenderci anche a un’Italia che ignora e non esprime una parola di conforto e solidarietà.
Senza facebook e i rivoli della rete il disastro in Basilicata non avrebbe avuto neanche la dignità di notizia. Questa è una realtà sconcertante. Battente e dolorosa come un’alluvione.

Le voci di comprensione non asciugano e non riparano i danni ma forse fanno sopravvivere l’umanità e la giustizia. Se scegliamo di tacere ci lasciamo travolgere da una disgrazia più sconvolgente di quelle della natura e del destino: la morte della civiltà. 

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