…sta
tirando fuori la testa da sola.
Il
silenzio dell’informazione nazionale spacca i timpani. Perché la pioggia può
essere spietata ma l’Italia intera non dovrebbe.
Siamo
abituati all’emergenza che rimbalza su tv e giornali, talvolta perfino
amplificata per un curioso gusto di cronaca della catastrofe. Ma questa volta
la calamità sembra sfuggita alle attenzioni generali, passata in sordina, quasi
censurata.
Forse
la terra di Basilicata non grida abbastanza, si rimbocca paziente le maniche,
conosce la legge della natura e della rassegnazione e non crea mai troppe
preoccupazioni. O forse c’è un’indifferenza che, ingrata, si consegna proprio a
chi è già sotto un cielo non proprio pieno di stelle.
E’
l’orribile logica della forza, temo. Quella che è facile avere ed esercitare su
chi non tira fuori i muscoli.
Non
ci sono risorse nella nostra Italia in crisi, neanche quando il caso si
accanisce. Ogni
comunità è chiamata a cavarsela, come può. A questo possiamo, o
almeno dobbiamo, adeguarci. Ma non possiamo arrenderci anche a un’Italia che ignora
e non esprime una parola di conforto e solidarietà.
Senza
facebook e i rivoli della rete il disastro in Basilicata non avrebbe avuto neanche
la dignità di notizia. Questa è una realtà sconcertante. Battente e dolorosa
come un’alluvione.
Le
voci di comprensione non asciugano e non riparano i danni ma forse fanno
sopravvivere l’umanità e la giustizia. Se scegliamo di tacere ci lasciamo
travolgere da una disgrazia più sconvolgente di quelle della natura e del
destino: la morte della civiltà.
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