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martedì 19 novembre 2013

Il ritardatario

C’è un ritardatario inclemente con il ritardo altrui.
E’ un tizio dall’orgoglio troppo arzillo per il quale la tranquillità è una sorta di diritto inviolabile. Se ne sta arcigno sulla sua pigrizia aspettando il rispetto di tutti.
E’ rassegnato ai suoi indugi e alle sue grettezze, a tratti par quasi ne vada addirittura fiero.  Ma guai se qualcuno osa indugi o grettezze con lui. Lì sfodera una ferocia da lupo affamato.
E’ riottoso a qualsiasi evoluzione altrui o, meglio, la giudica con disprezzo se non arreca a lui, magnanimamente, beneficio. Anzi, talvolta fa di più. La rifiuta categoricamente ma, straziandosi di invidia, cerca di farla a brandelli. Usa l’accetta. Invoca la morale, la giustizia divina e chissà quali altre sacre o profane ragioni per inficiarne la bellezza o la bontà.
E’ una faccia imbronciata, con gli occhi critici zeppi di rancore. Parco di sorrisi e per lo più pure di parole che vadano oltre i suoni del lamento. Vuole attenzioni, lui. Ma non ha delicatezza sufficiente per elargirne, mai. Sta impettito a braccia conserte e rimugina con rabbia sull’interesse che non riesce a suscitare. D’altra parte non è interessato a quello che potrebbe fare da solo e, tanto meno, curioso di sapere e capire cosa fanno gli altri per rendersi interessanti o quali siano le cose davvero interessanti da scoprire.

E’ un uomo inclemente con la vita stessa, ecco tutto. Che trova comodo, talvolta assai, giudicare inclemente la vita così da potersi disperare un po’, farsi compatire o avere almeno un posto nella storia, quello della desolazione.

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