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martedì 4 agosto 2015

Ricchi e felici

Lo conosci quel lamento? Quello dei ricchi che si guardano le spalle e non sanno più di chi fidarsi. Quello dei ricchi che provano lo sconforto di ricevere riguardi e non rispetto. Quello dei ricchi che respirano la noia dei desideri esauditi in un lampo. Quello dei ricchi che rischiano di essere posseduti dalle cose che hanno e devono avere.
Si, lo conosciamo più o meno tutti, noi che ricchi non siamo.
E’ più difficile conoscerne un altro, di lamento. Quello dei poveri. Che talvolta non hanno voce e forza, neanche per lagnarsi. Al massimo sospirano, al buio. Quando sono stanchi. O quando sognano e sperano, a occhi chiusi o aperti. Non li sentiamo ma di sicuro possiamo intercettare qualche sorriso, quando comunicano con gli occhi e qualcosa di bello o buono capita sulla loro strada.
Sembrano storie parallele, destinate quindi a non incrociarsi, al massimo a sbirciarsi, l’un l’altra, di lontano. Magari con sospetto, invidia, rassegnazione, perplessità. Oppure con un languore. Qualcosa che assomiglia a una vaga percezione di disagio. E’ quello il momento esatto in cui si fa largo la consapevolezza di quanto ognuno possa sprofondare nel vuoto se non trova il modo di far convergere i cammini verso una sorta di punto d’incontro.
Sarà solo un istinto romantico, debole, ideale?
Ho l’impressione che la felicità sia una parola grossa da maneggiare. Forse per gli umani si palesa solo in guizzi. E d’altra parte anche la serenità è una chimera, tanto per i ricchi quanto per i poveri. So che l’equilibrio non esiste e che il mondo vivrà per sempre degli uni e degli altri e non di un miscuglio a dose perfetta. Eppure ho la sensazione che sia molto sciocco illudersi e smaniare per un’esistenza almeno sopportabile senza mettere in conto di giocare un po’ a viso aperto e carte scoperte. Senza osare la magia delle mescole e degli impasti.

Dite che è difficile immaginarli, i ricchi felici di condividere benessere, aria e giornate con i poveri? Chissà… 

4 commenti:

  1. Io che ricco non sono spero che ne esistano ancora alcuni per cui la noia di vivere, magari (come diceva De Andrè) nei ghetti in cui sono e che si costruiscono da se', sia la molla per cambiare. Sarò un illuso ma credo molto nell'illuminazione di una mente e di un cuore che nella loro inutile esistenza (ormai non servono neanche a dare lavoro se non schiavismo i ricchi, magari incarnazione di qualche multinazionale), improvvisamente spezzino l'assurdo , ma instabile equilibrio e con forza diano la giusta direzione. Speriamo...

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    1. Io credo che ogni medaglia abbia un dritto e un rovescio. E credo nel tempo e nelle sue combinazioni. Certo mi piacerebbe pure credere nella magia ma insomma sarebbe forse troppo...Penso insomma che il viaggio della vita possa sempre riservare, a tutti, illuminazioni. Ecco, speriamo in bene.

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  2. Non c'entra con il tema, ma ti faccio un regalo: se la conosci sarà bello rileggerla, altrimenti ti piacerà molto senz'altro... M.D.

    “Amatevi, ma non tramutate l'amore in un legame. Lasciate piuttosto che sia un mare in movimento tra le sponde opposte delle vostre anime. Colmate a vicenda le vostre coppe, ma non bevete da una sola coppa. Scambiatevi il pane, ma non mangiate un solo pane. Cantate e danzate insieme e insieme siate felici, ma permettete a ciascuno di voi d'essere solo." Gibran Khalil (1883-1931), poeta e scrittore libanese.

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    1. Grazie, regalo apprezzatissimo!
      Non la conoscevo...ma conosco bene Gibran Khalil :)

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